Regione e Governo non stanno favorendo la spesa dei fondi europei. In Calabria due terzi delle Amministrazioni comunali non possono ingaggiare esperti per redigere e presentare i progetti. Un problema enorme che però non catalizza l’attenzione dell’opinione pubblica
Tutti gli articoli di Politica
PHOTO
La politica italiana, al di là delle chiacchiere, ha davvero a cuore le sorti del Pnrr? Davvero è convinta che il vagone di quattrini che l’Europa sta per inviare in Italia riuscirà a far ripartire il Paese? A leggere le cronache politiche la risposta non sembra così scontata. Pare infatti che il Governo sia più interessato all’autonomia differenziata piuttosto che alla coesione del Paese.
Lo dimostra il fatto che la Meloni sia al terzo decreto con il quale si modifica la governance del Pnrr così come l’aveva disegnata il premier Draghi. Un processo quindi che inevitabilmente rallenta un qualcosa che invece avrebbe bisogno di una spinta diametralmente opposta visto che nel 2023 dovrebbero partire i cantieri se davvero si vuole rispettare la scadenza imposta da Bruxelles per la spesa delle risorse ovvero il 2026.
Il problema è che questa tendenza si è propagata a cascata anche in Calabria. Lo ha detto bene il capogruppo del Pd, Mimmo Bevacqua, durante l’ultimo consiglio regionale in cui si è discusso, guarda un po’, di autonomia differenziata. Bevacqua ha detto in aula di comprendere il fatto che l’affinità politica spinga il presidente Occhiuto a tenere alti questi temi, ma i problemi della Calabria sono ben altri.
In primis come aiutare e accompagnare i comuni nella progettazione e nella spesa del Pnrr perché se il Sud dovesse perdere anche questo treno poi diverrebbe davvero complicato ridurre i gap del Paese. Cosa ha fatto su questo fronte la Regione? Poco o nulla. È vero che ormai la palla del Pnrr è in mano ai comuni. Tocca a loro spendere il 65% dei fondi stanziati. Ma tutti sanno la situazione di difficoltà che vivono i municipi calabresi.
La Regione, sulla scorta di quanto deciso dall’allora premier Draghi, circa un anno fa aveva istituito una cabina di regia per il Pnrr. Aveva anche stabilito un appuntamento bimestrale, anche con il partenariato sociale, per monitorare l’andamento di progettazione e cantieri. Da quanto ci risulta però i due organismi non si sono mai riuniti. Ma pare che nessuno se ne sia accorto. Così come la politica calabrese non si è accorta forse di una piccola norma contenuta nei decreti del Governo che, di fatto, tagliano le gambe a molti comuni calabresi.
La norma infatti vieta di procedere ad assunzioni ai comuni che si trovino in situazione di dissesto o predissesto. In Calabria circa i due terzi dei nostri comuni sono in questa situazione, fra cui centri importanti come Cosenza, Rende, Lamezia Terme e tanti altri. Per tutti questi municipi pensare di colmare i vuoti di organico diventa impresa titanica. Ma non abbiamo sentito nessuno protestare con il Governo per questa vicenda, così come per la situazione che sta riguardando i famosi esperti assunti dal Governo Draghi. Questi sono 2800 in tutta Italia (500 in Calabria) e sono stati inquadrati con contratti a tempo determinato. Il problema è che molti di loro dopo poco tempo hanno ricevuto offerte di lavoro a tempo indeterminato e sono andati via dai Comuni. Nel frattempo per chi è rimasto si è consumata la beffa.
Difatti il decreto “Milleproroghe” ha stabilizzato i tecnici assunti ma solo quelli che hanno preso servizio nei Ministeri, escludendo quindi chi invece lavora nei Comuni. In attesa che qualcuno se ne accorga, i professionisti si sono organizzati in un comitato che chiede la stabilizzazione perché il rischio è che tutti vadano via alla prima offerta di lavoro a tempo indeterminato.
«Ad oggi la sensazione è quella di un discreto ritardo sul Pnrr - dice Santo Biondo, segretario generale Uil Calabria - Io penso che la Regione pur non avendo responsabilità dirette sul programma debba fare da stimolo e coordinamento dei sindaci. In particolare a nostro giudizio dovrebbe fare tre cose: una battaglia politica per sbloccare le assunzioni per i comuni in dissesto e predissesto; spingere per la stabilizzazione degli esperti anche negli enti locali e non solo nei ministeri ed infine creare dei sorta di Ato per l’attuazione del Pnrr quindi un’aggregazione di comuni in cui esercitare una sorta di solidarietà amministrativa ovvero se un comune è carente di determinate professionalità può chiederle al comune vicino. L’Ato fra l’altro sarebbe anche utile per raccordare tutti gli investimenti progettati ed evitare inutili ripetizioni di interventi che difficilmente incideranno sul nostro Pil».
Qual è invece l’orientamento del presidente Occhiuto? Qualcosa il presidente ha detto nella solita intervista ai network nazionali. Intervenendo a “24 Mattino”, su Radio 24 ha detto: «Credo che ci sia un ritardo complessivo del Paese sulla spesa del Pnrr. Ho detto altre volte che è come se l’Europa ci avesse fatto riempire di risorse dei vagoni di un treno senza che noi avessimo fatto i binari per far correre questi vagoni. La maggior parte dei ritardi si verificano nella spesa dei Ministeri, poi ci sono i ritardi dei Comuni che derivano dai processi di autorizzazione. Forse avremmo dovuto mettere mano prima a un importante intervento di semplificazione per poter velocizzare la spesa delle risorse del Pnrr, ma non è stato fatto. In alcune Regioni si sommano anche le difficoltà dovute al fatto che molti Comuni sono in dissesto o in pre dissesto. In Calabria, ad esempio, molti Comuni non hanno nemmeno il capo dell’ufficio tecnico o il segretario generale, eppure stanno partecipando ai bandi del Pnrr». Il problema però è capire con quale esito.