Fretta non ne ha nessuno per la verità. Raramente a luglio dalle nostre parti le "fatiche" dei consiglieri regionali prendono il sopravvento rispetto alla prenotazione delle vacanze. Capita però che talvolta l'agenda l'imprime il potere che deve impastarsi per forza e allora sì che più d'uno si agita e si guarda attorno. Chi per nuove frontiere, chi per sfuggire alle vecchie.

Pietro Molinaro, tanto per dirne uno che sta alla Lega come Vannacci sta al Pci, scalpita. Per transitare altrove ovviamente. È in corso una sua "interlocuzione" (si fa chiamare così) con Fratelli d'Italia per un passaggio nei banchi che tirano per la maggiore negli ultimi tempi. Non è chiaro né l'epilogo della "interlocuzione" stessa né quale sia la base d'asta del mercanteggiamento (politico). A Molinaro non parrebbe vero di non considerare più Salvini il suo leader e il "generale" delle classi differenziate per disabili l'esponenziale elettorale. Ma occorre trattare e non è chiaro se basterà il buon rapporto "agricolo" col ministro Lollobrigida. Si sa, da che mondo è mondo, che quando siede un nuovo commensale a tavola c'è chi fa posto con animo leggero e chi va fuori a fumare nervosamente una sigaretta.

Molinaro ci sta provando e del resto il primo partito regionale (e del Paese) tutto può essere tranne che scontento se bussano alla sua porta in consiglio regionale. Cosa che peraltro potrebbe essere accaduta anche a Catanzaro e in tempi precedenti dove il presidente del consiglio regionale Filippo Mancuso, senza fretta e mai non rispettando la quiete di San Vitaliano di metà luglio, è da un pezzo che ha inviato la sua personale messa in mora al partito di Salvini.

L'autonomia differenziata ha fatto da furbo detonatore, occasione irripetibile, ma la scintilla con Occhiuto non scatta più facilmente e in forma reciproca anche perché è lo stesso Mancuso che riflette sulla opportunità o meno di approdare in un partito dove non si sa se un giorno resterà Occhiuto o Tajani. Difficilmente, e allo stesso modo, tutti e due. Da qui la non fretta di metà luglio anche se è piuttosto complicato restare dove tutti sanno che non si ha più voglia di restare. Ecco perché più d'uno si va convincendo della via di mezzo temporanea e senza fughe in avanti azzardate.

Un gruppo a tre interlocutorio in consiglio regionale, ovviamente a tre perché non solo è il numero perfetto ma sblocca pure fondi. Mancuso, Molinaro e chissà, Gelardi. Architetture nuove e tutte in divenire in consiglio regionale che metterebbero in discussione anche le presidenze delle commissioni.

Senza fretta però, a meno che non sia il potere che deve impastarsi per forza ad imprimerla. A cominciare da un rimpasto di giunta che così non rimpasto, o rimpasto di plastica, è difficile immaginarlo. Nelle intenzioni e movenze necessarie di Occhiuto deve essere sostituita una cugina di Cannizzaro con un'altra per la vicepresidenza della giunta (Princi in Europa e Catalfamo nuovamente in Cittadella, peraltro ancora nel consiglio nazionale Aci in quota Regione dopo che si è nominata da sola nella stagione Santelli). E al massimo la delega del Turismo nel portafoglio di un assessore di Fratelli d'Italia così da "disimpegnare" il presidente di Regione (l'espressione è testuale ed è di Orsomarso nel corso di una puntata di Perfidia). Stop. Altro non si prevede, sulla carta. Così soporifero, parentale e incolore, il rimpasto prefigurato, che più d'uno passa il tempo giocando a risiko in consiglio regionale.