L’ex sindaco di Rende nega tutto sulla vicenda che gli è costata una condanna in primo grado. E sullo scioglimento del consiglio comunale dice: «I miei voti non sono contaminati»
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«Hai mai corrotto un giudice perché aggiustasse una sentenza in favore del tuo assistito?». Il Confessionale di Perfidia non prevede giri di parole e nella puntata del 20 dicembre è toccato anche a Marcello Manna sottoporsi all’inquisizione laica di Antonella Grippo. Domanda esplicita come il riferimento: l’ex sindaco di Rende è accusato di aver corrotto il giudice Marco Petrini per sistemare la sentenza d’appello del boss di Cosenza Francesco Patitucci. Il processo si è chiuso in primo grado con la condanna di entrambi gli imputati a 2 anni e 8 mesi di carcere. L’avvocato prestato alla politica ha sempre negato tutto e ha ribadito la tesi davanti alle telecamere di LaC Tv: «Mai corrotto un giudice, nella maniera più assoluta», risponde.
«Cosa c’era nella busta che hai consegnato al giudice Petrini?», incalza la conduttrice.
L’immagine è potente: Manna risponde alle domande mentre sul ledwall passa il frame in cui consegna qualcosa al magistrato. La conduttrice sdrammatizza («una mazzetta da 5mila euro è una miseria, è il cachet di Valeria Marini…») e l’avvocato ribadisce: «È una vicenda miserevole, purtroppo è così. Quella non è una busta con denaro perché quella cartella “studio Manna” poi è rimasta sulla scrivania del giudice Petrini. Nell’immagine c’è un controluce, qualcosa che non fa vedere ma è una cartella per i fascicoli. Quel giudice, per quanto lui stesso ha dichiarato, era solito commettere reati. Ma da me non ha avuto nessuna mazzetta, non ce n’era motivo».
L’ex sindaco, sottoposto al fuoco di fila delle domande, nega di aver mai avuto rapporti con ambienti vicini alle cosche di ’ndrangheta e di aver preso voti contaminati: «I miei voti sono di tutti i cittadini che hanno creduto in un progetto. Possono essere Orsoline o meno, perché il diritto al voto non è possibile toglierlo a nessuno. In questo bisogna essere laici: anche gli ’ndranghetisti possono votare se ne hanno diritto».
Manna analizza infine le conseguenze dello scioglimento del Consiglio comunale anche sul piano dei rapporti, politici e no: «Sono rimasto deluso da alcune persone. I miei nemici a Rende sono soltanto quelli si sono avvicinati e poi hanno tradito: io ho conosciuto il tradimento. Alcuni sono riusciti finanche a fare una manifestazione contro la ’ndrangheta a Rende, sotto il Comune. C’erano i Cinquestelle e diversi movimenti politici...».