La custodia cautelare in carcere, le interdittive antimafia e i commissariamenti dei Comuni sono stati i temi al centro di un incontro promosso a Palmi dalla locale Camera penale e dall’associazione Nessuno tocchi Caino. Il confronto è scaturito dalla presentazione del libro dossier “Prevenire è meglio che reprimere” ed ha dato l’opportunità di ascoltare diverse testimonianze di calabresi che lamentano di aver subito un uso eccessivo del carcere preventivo. Trattandosi di un tema al centro di uno dei 5 quesiti referendari, autorizzati nei giorni scorsi dalla Corte costituzionale, l’iniziativa promossa a Palmi è servita da apripista – anche in Calabria - verso una stagione che si annuncia calda sul fronte del rapporto tra magistratura e politica.

I lavori, introdotti dall’avvocato Pasquale Simari e da Sergio D'Elia segretario dell'associazione Nessuno tocchi Caino, hanno visto alternarsi al microfono diverse testimonianze – tra cui quelle dell’imprenditore Luigi Longo e del sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro –  servite soprattutto a rianimare una critica intorno a quella che gli organizzatori hanno definito «una legislazione straordinaria».

«Noi vogliamo – ha detto D'Elia– fare il punto, a 30 anni dalle stragi di mafia, sullo stato di una lotta sacrosanta, come la lotta alla ndrangheta, per capire se l’eccezionalità delle misure introdotte non siano diventate anche una minaccia per i diritti civili, perché l’Italia rimane l’unico Paese a democrazia evoluta che ancora contempla il carcere indipendentemente dalla pena che un processo comminerà oppure no». Non solo carcere prima del processo, quindi, ma anche i commissariamenti per mafia dei consigli comunali sono diventati l’argomento al centro di una disamina che l’ex sindaco di Marina di Gioiosa Jonica, Domenico Vestito, ha affrontato ritenendo «maturi i tempi per una raccolta delle firme che porti ad un referendum che chieda l’abrogazione della norma così come è oggi».

Un dibattito che l’ex deputata Rita Bernardini, impegnata in questi giorni in uno sciopero della fame per denunciare la condizione carceraria italiana, ha collegato alla stagione referendaria avviata «che stiamo affrontando con la consapevolezza che sui temi dei diritti umani non ci possono essere distinzioni di partito».

«Serve – ha detto Giuseppe Milicia, presidente della Camera penale di Palmi – far uscire questi tempi dalla analisi dei soli addetti ai lavori, per farli diventare patrimonio dell’intera collettività sperando che in Italia finisca questo clima di guerra tra politica e magistratura, in modo da offrire un’altra idea di giustizia a chi oggi ritiene che lo Stato oggi offra sicurezza senza minacciare la serenità dei cittadini che di colpo possono diventare vittima di errori giudiziari che si potevano evitare in un sistema normale».