Presentato al Riva di Falerna, davanti ad un numeroso pubblico, il libro del parlamentare calabrese Domenico Furgiuele dal titolo “Il militante ignoto”. Un libro per raccontare una storia vera, vissuta in prima persona.

«È la mia storia, quella di un militante che parte dai cantieri di una periferia del Sud e arriva alle istituzioni, senza mai dimenticare da dove viene. È un atto d’amore verso l’idea, verso la militanza, verso quella passione politica autentica che oggi si tende a deridere o a dimenticare. Questo libro nasce per restituire dignità a un percorso fatto di sacrificio, coerenza e comunità. Un tributo a chi sceglie l’impegno senza attendersi nulla in cambio».

Cosa vuole dire ai lettori?
«Che la politica, se vissuta come dono e militanza, può ancora avere un senso profondo. Voglio trasmettere il valore dell’esempio, del sacrificio e della coerenza. Spero che queste pagine possano essere di ispirazione per chi sente il bisogno di riscoprire un ideale, un’appartenenza, un cammino. È un invito a credere che un’altra politica è possibile, se fondata sul servizio e non sul calcolo».

Chiaramente non è solo la sua storia.
«È la storia di tanti “ignoti” che scelgono di non restare spettatori. Racconto le mie origini, l’attivismo vissuto tra colla e volantini, la vita nei cantieri e poi il passaggio nelle istituzioni. Ma quel cammino è solo un esempio di una comunità che ha creduto in qualcosa di più grande di sé. È il racconto di una generazione che non ha avuto paura di “sporcarsi le mani” per un’idea».

Oggi si dà poco valore alla militanza. Mentre è venuto meno il senso dell’impegno. Qualcuno o qualcosa è responsabile del declino dei partiti.
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Il declino dei partiti è figlio del disimpegno e della rinuncia alla responsabilità. Troppi hanno trasformato la politica in un mestiere senz’anima, svuotandola di passione e visione. Le logiche del consenso facile e del marketing hanno sostituito la fatica della formazione e del radicamento. La militanza è stata vista come inutile, quando invece è l’unico vero antidoto all’apatia e all’omologazione»

Lei sembra spingere le nuove generazioni a tornare all’impegno, alla lotta, ridando alla politica un valore ideale.
«Assolutamente sì. Abbiamo bisogno di giovani che sappiano scegliere, che sappiano dire dei sì e dei no. Non consumatori di slogan, ma costruttori di futuro. È finito il tempo del lamento sterile: serve coraggio, serve responsabilità, serve militanza. Solo così si ridà senso alla parola “politica”, che vuol dire servizio, sacrificio e visione».

Che valore ha oggi la politica, in un’epoca in cui oltre la metà degli elettori rinuncia al voto?
«Oggi più che mai la politica deve tornare ad essere un atto d’amore. L’astensionismo è il sintomo di un malessere profondo, ma anche la conseguenza di una politica che troppo spesso ha smesso di ascoltare. Per questo serve una nuova stagione di protagonismo, fatta di esempi concreti, di radicamento, di coerenza. Il mio libro è un contributo in questa direzione: ridare alla politica un’anima, restituirle il suo ruolo nella vita delle persone».