Le strategie per arginare i flussi migratori sono state al centro della prima visita istituzionale in Europa della presidente del Consiglio: «Collaborare e difendere l'interesse nazionale dentro la dimensione europea» (ASCOLTA L'AUDIO)
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È stato un viaggio fitto d’impegni la visita del presidente del consiglio, Giorgia Meloni, ieri a Bruxelles, prima uscita internazionale della leader da quando ha vinto le elezioni. La visita si è aperta con il pranzo con Paolo Gentiloni per chiudersi la sera questa volta a tavola con il presidente del Consiglio Ue Charles Michel. C’era curiosità su quello che sarebbe stato l’approccio, se quello degli ultimi anni che vedeva le stanze di Bruxelles come una sorta di raduno non autorizzato di burocrati da sgomberare il più presto o quello delle ultime settimane decisamente più europeista.
Alla vigilia della sua partenza la Meloni ha messo subito le cose in chiaro: «La voce dell'Italia in Europa sarà forte a partire dalla crisi energetica», ha scritto sui social. Ma al di là del caro energia, le tensioni sono diverse e alcune riguardano da vicino la Calabria. Mettiamo da parte il problema dell’agroalimentare che pure per noi è pure fondamentale. Resta quello più impellente, forse, della questione migranti. La gestione dei flussi è da anni al centro di scontri e polemiche. Da un lato l'Italia frena sullo sbarco degli irregolari raccolti in mare dalle navi delle Ong, dall'altro l'Ue sottolinea la necessità che i salvataggi avvengano il più rapidamente possibile.
«Non possiamo farci carico dei migranti raccolti in mare da navi straniere che operano sistematicamente senza alcun preventivo coordinamento delle autorità. Al momento questi eventi rappresentano il 16% delle persone sbarcate in Italia», ha detto il neo ministro degli Interni Matteo Piantedosi a proposito dell'affaire “Humanity 1” (Germania) e della “Ocean Viking” di Medici senza frontiere (Norvegia). Due Ong che hanno chiesto ai paesi più vicini, ovvero Italia e Malta, il permesso di sbarcare senza ottenere alcuna risposta ufficiale.
Nei giorni scorsi il Viminale con note verbali alle ambasciate degli Stati di bandiera ha paventato un «divieto di ingresso nelle acque territoriali». Un divieto che, se concretizzato, vedrebbe il governo Meloni davanti al primo caso diplomatico e con il rischio anche di ricadute giudiziarie. Non è un caso che l’ambasciata tedesca abbia voluto rimarcare la presenza di «104 minori non accompagnati», molti dei quali «hanno bisogno di cure mediche». Secondo il diritto internazionale e quello italiano, proprio i minori non accompagnati devono essere fatti immediatamente sbarcare dal momento in cui le autorità vengono messe a conoscenza della loro presenza e delle loro condizioni.
«Con un Paese amico e grande interlocutore come la Germania dobbiamo collaborare tantissimo, poi quando c'è da dare qualche messaggio, soprattutto sul tema dell'immigrazione, lo facciamo con determinazione, ma per garantire il rispetto delle regole. Abbiamo chiesto che le navi delle ong rispettino le regole europee quando salvano qualcuno in mare e poi chiedono di attraccare nei porti più vicini», ha detto ieri il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani.
«Stiamo seguendo la situazione a stretto contatto e abbiamo visto che ci sono tre navi con persone a bordo che hanno chiesto aiuto. La Commissione non è responsabile del coordinamento delle azioni di salvataggio in mare ma occorre sottolineare che è un obbligo morale e legale per gli Stati membri salvare persone in mare». Lo ha detto la portavoce della Commissione Ue, Anitta Hipper. Insomma nemmeno il tempo di sbarcare a Bruxelles che la Meloni già incassa un “avvertimento” dalla Ue e rischia l’incidente diplomatico con Berlino.
Eppure l’immigrazione è uno dei temi principali di FdI e Lega. Un tema particolamente sentito a queste latitudini. La Calabria, essendo terra di approdi, gioca un ruolo decisivo. Si calcola che nella sola Locride nel corso del 2022 siano state accolte circa 9mila persone. A Rocella gli sbarchi non smettono di fermarsi, grazie anche a questo inusuale autunno dalle temperature estive. L’ultimo sbarco è stato proprio domenica scorsa con l’arrivo di 55 persone. Ma la situazione rischia di esplodere. Ulteriore conferma arriva dal Cara di Isola Capo Rizzuto che in questo momento ospita circa 1500 persone di fronte a 645 posti disponibili. Un problema non solo umanitario ma anche di gestione di risorse e spesso i sindaci si trovano da soli ad affrontare la prima accoglienza.
Insomma qualcosa si deve pur fare. Cosa la Meloni lo ha ben chiaro: limitare l’arrivo di migranti per il tramite di navi delle Ong; creare degli hot spot in Africa per vagliare le richieste di asilo e distinguere tra chi ha diritto a ricevere protezione in Europa e chi invece è da considerarsi potenziale clandestino; la ripartenza dell’operazione Sophia ovvero individuare, catturare e distruggere le navi ed attrezzature utilizzate o sospettate di essere utilizzate da contrabbandieri e trafficanti di migranti. Infine mettere in campo un “piano Mattei” per l’Africa, per far sì che i giovani africani non siano spinti ad abbandonare la loro terra.
«Abbiamo parlato di flussi migratori, della richiesta italiana di un cambio punto di vista. La priorità per noi diventa una priorità che è già prevista nelle normative europee, che è la difesa dei confini esterni. Ho voluto organizzare qui a Bruxelles la prima visita istituzionale del governo per dare il segnale di una Italia che vuole partecipare, collaborare e difendere l'interesse nazionale dentro alla dimensione Ue insieme agli altri Paesi», ha detto la Meloni al termine di un colloquio con lo stesso presidente Michel.
Vedremo se la Ue, che in questo momento è alla prese con ben altri problemi, ascolterà il governo italiano su queste risoluzioni o magari ne progetterà di diverse.