Stessa sorte per le funzioni istituzionali ricoperte da Rosaria Succurro alla Provincia di Cosenza e al comune di San Giovanni in Fiore. Per gli altri amministratori a rischio, si aspetta l’esito del ricorso alla Corte Costituzionale
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C’è una novità di rilievo nel procedimento avviato dalla procura regionale della Corte dei Conti nei confronti di Mario Occhiuto ed altri numerosi componenti della sua amministrazione, per l’accertamento di eventuali responsabilità nel dissesto finanziario che ha travolto il Comune di Cosenza nel 2019.
Come si ricorderà la magistratura contabile ha chiesto di infliggere una sanzione pecuniaria all’ex sindaco e ad altre 17 figure tra assessori e componenti del collegio sindacale, per il danno arrecato alle casse pubbliche, in applicazione dell’articolo 248 del decreto legislativo 267/2000, meglio noto come Testo Unico Enti Locali, che prevede per gli amministratori condannati, pure la ineleggibilità per la durata di dieci anni.
Modifica determinante
Nei giorni scorsi però, grazie ad una modifica intervenuta nel disposto normativo pubblicata il 14 marzo scorso sulla Gazzetta Ufficiale, le suddette sanzioni, escluso il caso di dolo, non vengono più applicate nei confronti di quegli amministratori che abbiano adottato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale entro due anni dall’insediamento del loro primo mandato. È il caso appunto di Mario Occhiuto, oggi senatore, su cui pende la richiesta di una sanzione pecuniaria pari a 138.796 euro, eletto nel 2011 e che ha adottato il piano di riequilibrio nel 2013. La sua posizione sembra quindi destinata ad essere stralciata. Così come quelle di Luciano Vigna, all’epoca dei fatti vicesindaco di Palazzo dei Bruzi ora capo gabinetto del presidente della Giunta Regionale Roberto Occhiuto, e di Rosaria Succurro, assessore di quella amministrazione, attuale sindaca di San Giovanni in Fiore e presidente della Provincia. Nei loro confronti la Procura aveva proposto una sanzione pari rispettivamente a 89.188 euro e 62.560 euro.
Esclusa anche la ineleggibilità
A beneficiare della novità normativa anche gli ex assessori Carmine Manna e Davide Bruno, per loro era stata richiesta una sanzione pecuniaria di 16.562 euro e di 8.281 euro. La magistratura contabile, alla luce del nuovo disposto normativo, dovrebbe proscioglierli tutti. A meno che i giudici, come detto, non li ritengano responsabili di aver causato il dissesto delle casse di Palazzo dei Bruzi con condotta dolosa, e non colposa.
Non è solo una questione di soldi. Perché gli amministratori ritenuti già in primo grado responsabili di dissesto finanziario, ai sensi del Testo Unico Enti Locali, oltre a subire eventuali sanzioni pecuniarie, per dieci anni sono soggetti alla ineleggibilità. Non possono quindi ricoprire cariche elettive, né incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali o di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. Con la modifica intervenuta il 14 marzo però, pure questa disposizione non si applica in presenza di condotte colpose. In sostanza, a meno di una condanna per dolo, il seggio di Mario Occhiuto a Palazzo Madama è salvo, così come le cariche ricoperte da Rosaria Succurro al comune di San Giovanni in Fiore ed ai vertici della Provincia di Cosenza.
Aspettando la Suprema Corte
Rimangono invece esposti alle eventuali conseguenze giudiziarie del dissesto gli altri amministratori del Comune di Cosenza che avrebbero contribuito al default (periodo 2015-2018) ma che non erano in carica al momento di adottare la delibera di predissesto (2013). Si tratta di Massimo Bozzo (per lui chiesta una sanzione pecuniaria di 1.920 euro), Francesco De Cicco (54.115 euro), Francesca Loredana Pastore (63.371 euro), Francesco Caruso (19.750 euro), Matilde Spadafora Lanzino (39.500 euro), Michelangelo Spataro (34.632 euro), Carmine Vizza (62.560 euro). Il procedimento è tuttavia sospeso in virtù della questione di legittimità costituzionale sollevata dal collegio difensivo. Ai giudici della Suprema Corte è stato chiesto se l’automatica ed indistinta interdizione di 10 anni dalle cariche pubbliche prevista dall’articolo 248 del Tuel, senza una differenziazione tra i diversi piani di responsabilità per esempio tra un assessore con le specifiche deleghe al bilancio ed uno con ruoli più marginali e magari non particolarmente ferrato della materia contabile, non sia in contrasto con i principi costituzionali.