Dall'inchiesta su un affidamento all'associazione "Vivere Insieme" allo scandalo di Villa Torano. Entrambe hanno al centro l’ex capogruppo di Forza Italia in Regione Calabria, Claudio Parente. Da entrambe emerge un intreccio di legami societari, familiari e politici, tra conflitti di interesse, clientelismo e familismo amorale. 

L'affaire "Vivere Insieme"

Il tutto emerge da un decreto di sequestro preventivo di 37mila euro notificato qualche giorno fa e disposto dal Giudice per le indagini preliminari di Catanzaro Filippo Aragona su richiesta del sostituto procuratore Graziella Viscomi a carico proprio dell’ex consigliere regionale.

L' "affaire" riguarda l’affidamento all’associazione interregionale “Vivere insieme” di un progetto  di riqualificazione della periferia sud di Catanzaro (quartiere Corvo-Aranceto). Secondo l’accusa l’assegnazione di questo progetto, per il quale l’associazione era intenzionata a costruire un centro sanitario e impianti sportivi, avvenuta in una seduta del consiglio comunale convocato in via d’urgenza il 13 settembre 2018 (e con l’assegnazione come unico punto all’ordine del giorno) sarebbe stata “retribuita” con l’assunzione di due parenti di due consiglieri comunali del capoluogo quali portaborse di Claudio Parente in Regione.

Si tratta di Danilo Gironda, fratello di Francesco Gironda e Natascia Lostumbo, compagna del consigliere comunale Giuseppe Pisano. Entrambi i consiglieri sono stati espressione del gruppo “Officine del sud” di Claudio Parente in consiglio comunale a Catanzaro, salvo poi aderire lo scorso maggio al gruppo “Catanzaro con Abramo”.

Per il Gip: «Alla concomitanza temporale tra l'affidamento del progetto all'associazione del Parente (13 settembre 2018) ed il conferimento dei predetti incarichi al fratello e alla compagna dei consiglieri comunali che hanno contribuito con il voto in consiglio comunale a deliberare l'affidamento del predetto progetto (1 agosto 2018), vi sono altri elementi dimostrativi del fatto che il Parente e i due consiglieri comunali si sono accordati per scambiarsi favori»

Quali nello specifico? Oltre alla fiduciarietà dell’incarico, il fatto che i curricula gli assunti non siano idonei all’espletamento degli incarichi. Danilo Gironda era praticante revisore legale, mentre Natascia Lostumbo dipendente di una tabaccheria e in precedenza aiuto fotografa. Inoltre, gli investigatori hanno accertato che durante il periodo di incarico (da agosto 2018 a dicembre 2019) i contatti telefonici tra gli assunti e Claudio Parente sono stati rarissimi, nè gli stessi sono quasi mai stati a Palazzo Campanella a Reggio Calabria, figurativa sede di lavoro.

Parente socio occulto

Proprietario dell’associazione “Vivere insieme” risulta essere Massimo Poggi, noto imprenditore nell'ambito della sanità privata, ma il Gip nell’ordinanza specifica che Parente ne è: «L’effettivo proprietario o, quantomeno, comproprietario col socio Poggi Madarena Massimo» e che: «Poggi e Parente rappresentano un unico centro di interessi».

Inoltre, presso l’indirizzo dell’associazione a Catanzaro risultano avere, altresì, sede oltre al movimento politico “Officine del sud”, varie società il “Centro Servizi Unipersonale” di Cosimo Caridi (fondatore del movimento “Officine del Sud” insieme a Parente); la Medical Sport Center s.r.l. (proprietaria della Rsa “Villa Torano”) amministrata da Massimo Poggi con socia al 25% Lucia Ferrari, la moglie di Parente; la Aie s.r.l., altra società amministrata da Poggi con la Ferrari con il 38,5% delle quote e la Elimax s.r.l.s. di proprietà dei figli di Poggi.

Nell’ordinanza viene sottolineato, difatti, che «diverse entità economiche che fanno capo a Parente sono gestite tramite Poggi o suoi congiunti». Insomma, per il Gip e la Procura non vi è dubbio che ciò che ruotava attorno all’associazione “Vivere Insieme” interessasse e riguardasse direttamente l’ex capogruppo regionale di Forza Italia.

Gironda intercettato: «Io il posto di lavoro te l'ho trovato»

Il consigliere comunale Francesco Gironda, intercettato in una conversazione telefonica del 14 marzo 2020 dice: «Io adesso sono libero: non devo rendicontare a niente. Se Parente mi dice ah, però tuo fratè. Tu si è veru ca ma pijasti a fratima dà, ma è pure vero che io ti ho dato visibilità all’interno del Consiglio comunale. U vi come gli ho detto pure a mio fratello? Anche su di te, regolati tu, io il posto di lavoro te l’ho trovato». In una conversazione di tre giorni dopo ritorna sull’argomento: «Io l’unico modo, se no mi cacciavano a fratima, poteva perdere sette-otto stipendi, e alla posto di fratima mittia ncun artru, capito com’è? Ho voluto fare questo. Chiru chi mi rumpia u cazzuca... s’avia ccattata a machina nova».

In una conversazione del 23 marzo intercorsa tra Claudio Parente e il consigliere comunale di Catanzaro Lorenzo Costa (eletto nel Partito Democratico e transfugato in Officine del Sud), l’ex capogruppo regionale di Forza Italia si lamenta proprio di Gironda dicendo: «Ci rompe i coglioni pecchi’ non gli basta niente a lui capito?». E ancora: «A questo gli ho fatto l’inverosimile. Quando siamo di persona te lo dico. Questo è un pozzo senza fondo».       

Il precedente del duo Poggi-Parente, lo scandalo di “Villa Torano”

Lo scorso aprile ebbe eco nazionale il focolaio di Covid-19 scoppiato in una Rsa di Torano Castello, in provincia di Cosenza che arrivò a toccare gli oltre cento contagiati e sul quale la Procura di Cosenza aprì un’inchiesta per epidemia ed omicidio colposo e per la quale è indagato anche Massimo Poggi quale amministratore.
La proprietà di Villa Torano, inoltre, risulta riconducibile, come si è detto, a Massimo Poggi e alla moglie di Claudio Parente, Lucia Ferrari.

Un’apposita ordinanza della Regione, la numero 20 del 27 marzo 2020, imponeva a tutte le strutture di fare i tamponi (previa acquisizione dei necessari kit dalle Asp) ma, come è emerso anche da un servizio della trasmissione Report, Villa Torano non li avrebbe fatti, salvo poi vederne comparire 200 tra la notte del 13 aprile e la mattina del 14 aprile. I tamponi, prelevati da Poggi alla Protezione civile di Catanzaro, eseguiti a Villa Torano e processati all’ospedale Pugliese di Catanzaro.

In una formale interrogazione del 16 aprile, il consigliere regionale e membro della segreteria nazionale del Pd, Carlo Guccione scrisse: «Non siamo a conoscenza in base a quale procedura la Protezione civile regionale abbia affidato 200 tamponi alla proprietà della Rsa Villa Torano» - «Da questa ricostruzione dei fatti emerge con evidenza che l'esecuzione dei tamponi effettuati da parte della proprietà della Rsa “Villa Torano” è avvenuta senza alcun tipo di coinvolgimento o comunicazione all'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza» aggiungendo: «La vicenda appare ancora più grave anche alla luce della nota diramata dal presidente dell'Ordine degli infermieri di Cosenza che dichiara: “Nessun infermiere ufficialmente ha eseguito i tamponi poi risultati errati nella casa di riposo Villa Torano. Pretendiamo che si dica chi ha eseguito quei tamponi, che metodologia applicata e di chi la responsabilità»;

«L’Asp di Cosenza era chiusa a Pasqua e Pasquetta» dichiarò Gianmario Poggi, direttore amministrativo di Villa Torano e figlio del proprietario, Massimo Poggi. Peccato che l’Asp di Cosenza non abbia mai chiuso.

Ad autorizzare la procedura su cui si è interrogato l’esponente Dem fu Antonio Belcastro, dirigente regionale del dipartimento salute. Tant’è che la Presidente Jole Santelli dichiarò alle telecamere di Sigfrido Ranucci: «Se Belcastro ha fatto degli abusi, va verificato. Non l’ho nominato io».

C’è da dire che il fratello del dirigente regionale, Donato Belcastro, fu componente (dal 2011 al 2014) della “struttura speciale” dell’allora consigliere regionale espressione lista “Scopelliti Presidente”, Claudio Parente.

In quei giorni concitati il M5S con i deputati Dalila Nesci, Giuseppe D'Ippolito e Francesco Sapia fecero una interrogazione parlamentare in cui si evidenziava «il forte conflitto di interessi in questa vicenda ancora non chiara dovrebbe indurre l’esecutivo regionale a rivedere a fondo i rapporti con la sanità privata, spesso riferibile a soggetti con incarichi elettivi».

Parole più che mai attuali alla luce anche dell'inchiesta su "Vivere Insieme" e sull'utilizzo delle strutture consiliari dei consiglieri regionali eletti come mero mezzo per suggellare, conservare e alimentare il potere.