Le inchieste giudiziarie calabresi continuano a creare problemi alla premier Giorgia Meloni e al suo partito, Fratelli d’Italia. 

Dopo aver  esultato per la cattura del superboss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, latitante da trent’anni, martedì il primo partito italiano ha dovuto fare i conti con i risvolti di Gotha, l’indagine sulla presunta cupola della ‘ndrangheta di Reggio Calabria. 

Il caso

In Parlamento tutte le forze politiche avevano raggiunto un accordo per eleggere i 10 membri laici del Consiglio superiore della magistratura. Il nome forte del partito di Meloni, a cui spettavano quattro componenti, era quello dell’ex sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino, volto storico della destra calabrese. 

A votazioni aperte, però, vari siti online pubblicano la notizia su un’indagine a carico di Valentino nell’ambito di Gotha. Scoppia il caos. 

Leggi anche

Stop al voto 

Il M5S si ritira dall’accordo e annuncia l'intenzione di non votare l’ex sottosegretario. I parlamentari di Fdi vengono allora invitati a non rispondere alla chiama e la votazione si blocca, malgrado in molti avessero già espresso preferenze per il penalista calabrese. Dopo una fase di stallo, arriva la nuova direttiva dei vertici meloniani: votare per il docente universitario siciliano Felice Giuffrè anziché per Valentino. Quest’ultimo poi decide di tirarsi fuori ufficialmente dalla partita con parole al veleno: «Per quanto vergognosa, inconcepibile e bugiarda, nessuna palata di fango potrà mai scalfire la mia credibilità, la mia onorabilità e la mia onestà». I vertici di Fdi firmano note sdegnate a sostegno dell’avvocato calabrese, ma ormai il danno è fatto. Si torna a votare per Giuffrè che non può più raggiungere il quorum necessario, dato che diversi senatori e deputati hanno già votato per Valentino. 

Passo falso 

La storia finisce con il Parlamento che elegge solo 9 membri su 10, tra cui il calabrese – e renziano di ferro – Ernesto Carbone, sostenuto da Azione-Iv. Le Camere in seduta comune torneranno a riunirsi oggi per scegliere l’unico componente mancante. 

Leggi anche

Per Fdi è un evidente passo falso. Ancora più difficile da digerire perché Valentino, nei piani dei meloniani, avrebbe dovuto occupare la poltrona più importante del Csm, quella di vicepresidente.

Il caso Pittelli

Non è la prima volta che le inchieste giudiziarie calabresi riservano sorprese al partito della premier. Il caso più clamoroso è quello dell’ex deputato Giancarlo Pittelli. Nel 2017 è proprio Meloni ad accoglierlo con un tweet entusiasta: «La comunità di Fratelli d’Italia cresce, si rafforza e dà il suo benvenuto a Giancarlo Pittelli: un valore aggiunto per la Calabria e per tutta l’Italia». Poco tempo più tardi Pittelli finisce in due maxi inchieste contro la ‘ndrangheta: “Rinascita Scott” e “Mala Pigna”, condotte dalle Dda di Catanzaro e Reggio. In entrambe è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Altri arresti a Reggio 

Nel luglio 2019 un’altra tegola: il consigliere regionale di Fdi Alessandro Nicolò viene arrestato per associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta “Libro nero” contro la cosca Libri di Reggio. 

Nel 2020, il caso di Domenico Creazzo, indagato per scambio elettorale politico mafioso venti giorni dopo la sua elezione in Consiglio regionale nelle file del partito meloniano. Un mese fa la distrettuale di Reggio ne ha chiesto la condanna a 16 anni di reclusione.

Le elezioni 

La Calabria non è una regione per Fdi neppure dal punto di vista elettorale. Alla vigilia delle ultime elezioni di Catanzaro, il centrodestra sembra nettamente favorito e al partito della fiamma tricolore, in base agli accordi di coalizione, toccherebbe indicare il candidato sindaco. 

I fratellisti decidono però di spaccare l’alleanza e optano per una corsa tanto solitaria quanto velleitaria. Infatti vince il centrosinistra di Nicola Fiorita, con Wanda Ferro, la candidata scelta da Meloni, solo quarta. Una debacle, per alcuni osservatori; per altri, invece, sarebbe un esito voluto per evitare di ritrovarsi alla guida di un Comune difficile nell’anno che avrebbe portato alle elezioni Politiche. 

Infine, proprio il voto del 25 settembre scorso: Fdi trionfa in quasi tutte le regioni ma in Calabria non sfonda. Qui i meloniani arrivano dietro al M5S (29%) e si fermano al 19%, a fronte di una media nazionale del 26.