Nelle motivazioni il Consiglio di stato spiega perché accoglie la richiesta di sospendere l’amministrazione in attesa della decisione di merito sul ricorso. Restano i commissari
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«Sono stati sottovalutati, dal giudice di primo grado, episodi che sono chiari indici sintomatici dell’infiltrazione della criminalità organizzata nelle maglie dell’ordinamento dell’amministrazione del Comune di Lamezia Terme, quali il frequente affidamento delle gare alle stesse società, l’assegnazione di concessioni a soggetti privi di requisiti, la compravendita di voti finalizzata all’elezione alla tornata elettorale del maggio 2015». E’ questa una delle motivazioni contenute nella sentenza con la quale il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla richiesta di sospensiva avanzata dall’Avvocatura di Stato.
Il riferimento è all’«eletto consigliere comunale e nominato presidente dell’organo consiliare», e ad un altro membro dell’assise che «ha un ruolo attivo nella vita amministrativa del Comune, il cui fidanzato è interessato dall’operazione di polizia giudiziaria Crisalide».
E’ «necessario - afferma il Consiglio - che il Commissariamento prosegua nella sua azione di risanamento, ciò corrispondendo ad un interesse pubblico generale di rango superiore rispetto alla pretesa, in questa sede, di reinsediamento dei disciolti organi per il periodo conclusivo della consiliatura».
«La contaminazione mafiosa sulle attività di un ente pubblico – si legge nel dispositivo della sentenza - rappresenta esattamente l’opposto dei principi democratici di rappresentanza elettiva, cui pure il Tar si riferisce, forse non tenendo conto che nel procedimento ex art. 143 TUEL intervengono le massime autorità dello Stato, a dimostrazione che lo strumento in esame è il presidio avanzato proprio per la tutela della libertà di espressione democratica, allorché fondati indizi conducano al “più probabile che non” pericolo di contaminazione della mafia, la quale per sua natura rappresenta la negazione di ogni valore dello Stato di diritto».
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