Lunedì riunione di maggioranza per decidere il destino della norma. Pesano le critiche dei vescovi e delle comunità di recupero. Occhiuto: «Su temi così delicati il Consiglio farebbe bene ad ascoltare prima tutti»
Tutti gli articoli di Politica
PHOTO
Un déjà-vu. Una storia che si ripete dopo la figuraccia rimediata a causa della legge “moltiplica-poltrone”. Il centrodestra si spacca pure sulla legge sul gioco d’azzardo, annichilito dall’alzata di scudi dell’opposizione ma, soprattutto, delle comunità di recupero e della Conferenza episcopale calabra.
I capigruppo si ritirano
I capigruppo di maggioranza – Graziano (Udc), De Nisi (Coraggio Italia), Neri (Fdi), Crinò (Forza azzurri) e Arruzzolo (Fi) – hanno ritirato le proprie firme dal provvedimento. La prima a chiedere, nei giorni scorsi, il ritiro del testo e a revocare la propria sottoscrizione era stata la collega leghista Simona Loizzo.
In ogni caso, è pacifico che la proposta di legge, nella sua versione attuale – che prevede la discrezionalità dei sindaci sugli orari di apertura delle sale slot e una maggiore elasticità sul distanziamento dai luoghi sensibili – non verrà approvata. Lunedì prossimo, prima della seduta del Consiglio, si terrà un vertice di maggioranza per decidere il da farsi ed eventualmente in che modo emendare il testo.
«Non ci stiamo a fare i capri espiatori»
Ci sono poche certezze. Una è che la legge sul gioco d’azzardo, che risale al 2018, senza le modifiche volute dal centrodestra entrerà comunque in vigore a partire dall’1 gennaio.
E, dicono diversi consiglieri di maggioranza, a causa dei vincoli stringenti su orari e distanziamenti, «rischia di provocare la chiusura di un gran numero di esercizi commerciali in tutta la regione e la perdita di centinaia di posti di lavoro».
L’altra certezza è che, con il ritiro della firma, i capigruppo hanno deciso di tirarsi fuori dalle polemiche. «Lunedì – spiega uno di loro – deciderà tutta la coalizione, noi non ci stiamo a fare i capri espiatori».
La nota
«La modifica alla proposta di legge regionale sulla ludopatia – spiegano i capigruppi nella nota – nasce dalla necessità di fornire alla Calabria e ai calabresi un nuovo quadro normativo che aggiornasse, di fatto, la legge del 2018 che in questi anni si era concretamente deregolamentata. Tutto questo puntando, ovviamente, a un imprescindibile obiettivo: creare una misura normativa massimamente condivisa. Abbiamo verificato con grande spirito di collaborazione che le modifiche proposte dalla maggioranza alla legge regionale 9/2018 non hanno attecchito nell’humus sociale e politico calabrese e di molte motivazioni espresse, come quella della Conferenza episcopale calabra, ne condividiamo anche timori e perplessità. Pertanto abbiamo deciso di ritirare le nostre firme alla proposta di modifica del quadro normativo».
I capigruppo precisano che la modifica alla legge era «un atto dell’intera maggioranza consiliare sottoscritto e presentato per prassi da tutti i capigruppo della stessa».
I cinque consiglieri ritengono opportuno lasciare in vigore il testo originario «in modo da intraprendere un serio e particolareggiato approfondimento sull’argomento, magari coinvolgendo in maniera più incisiva tutti gli attori coinvolti».
I capigruppo quindi annunciano di «rimettersi alle decisioni che scaturiranno dalla riunione di maggioranza» di lunedì.
Calcoli sbagliati
È tuttavia innegabile che, anche stavolta, la maggioranza abbia fatto male i suoi calcoli e sia quasi obbligata a fare un altro passo indietro per tentare di salvare la faccia. In particolare dopo la dura reprimenda della Cec (scelta «sconsiderata» che potrebbe vanificare «ogni tentativo di prevenzione del fenomeno della ludopatia»). Raramente i vescovi calabresi hanno usato toni così duri contro una maggioranza di governo.
Seconda sconfitta
Per il centrodestra, di fatto, si tratta della seconda sconfitta politica in poche settimane. Un flop che mette in luce anche un certo scollamento tra il Palazzo e la società calabrese.
Ma se nel caso della legge sul consigliere supplente la coalizione aveva in qualche modo retto il colpo, stavolta le crepe interne alla maggioranza sono apparse subito evidenti anche per via delle posizioni disallineate di Loizzo e della commissaria di Fratelli d’Italia Wanda Ferro, entrambe convinte della necessità di uno stop al provvedimento, in aperta contraddizione con il resto della maggioranza.
E Occhiuto?
Quanto al governatore Roberto Occhiuto, finora non ha dettato la linea ma ha comunque preso una posizione pubblica sulla vicenda: «Suggerirei di affrontare i temi più delicati magari facendoli precedere da un ciclo di audizioni» aperte a tutti i soggetti, «sia quelli che si occupano di gioco legale sia soprattutto quelli che si occupano di affrontare i temi della ludopatia. Ciò perché si possano rappresentare le ragioni degli uni e degli altri davanti a quelli che poi devono fare le leggi, quindi nelle commissioni. Mi auguro che per il futuro il Consiglio regionale sappia affrontare, e sono sicuro che lo farà, i temi più delicati coinvolgendo preliminarmente nelle audizioni nelle sue commissioni gli stakeholder».
Si vedrà presto la reazione dei consiglieri di maggioranza, molti dei quali non hanno ancora digerito i commenti di Occhiuto dopo il rinvio della “moltiplica-poltrone” («iniziativa non in linea con il mio modo di governare»). Commenti che, dal loro punto di vista, avrebbero messo in cattiva luce l’assemblea regionale a esclusivo vantaggio del presidente, che certo non ha fatto nulla per nascondere il ruolo avuto nel ritiro di una legge parecchio invisa all’opinione pubblica.
Occhiuto dovrà quindi stare attento a non rivendicare urbi et orbi pure l’eventuale riforma della norma sul gioco d’azzardo nel senso indicato da Cec e comunità di recupero.
Ne va della tenuta di una maggioranza mai così sfilacciata.