Gli uffici sono su tre piani, ma sono vuoti, mentre l’affitto che l’Asp di Reggio Calabria paga è alle stelle: dal 2005 ad oggi, 182.157 euro all’anno. Più che una sede, di uffici amministrativi periferici in quel di Palmi, una voragine nel bilancio e un esempio di come - di gestione in gestione – si è preferito non mettere mano all’elenco dei fitti passivi per virare verso il risparmio. «Siamo si e no 30 dipendenti», commenta un impiegato.

Desolazione e silenzio dominano negli spettrali locali di quella che fu la sede dell’Asl 10 sciolta per mafia, riciclata dopo l’avvento dell’azienda provinciale per ospitare poche strutture burocratiche. «C’è lo Spisal – chiarisce un’altra dipendente – poi la Medicina legale, c’erano i veterinari ma ora sono andati in pensione e non c’è più nessuno». L’Asp più disastrata d’Italia non è riuscita a liberarsi di questa zavorra, tracciata nel report – stilato nel 2017 e pubblicato anche sul sito – dei fitti passivi pagati. L’immobile risulta intestato alla signora Antonina Bagalà, ma a Palmi tutti lo chiama “palazzo Guadio” lo stabile col pavimento in parquet che le ha fruttato quasi 16.000 euro mensili pur essendo semi vuoto da tempo.

L’Asp paga pur avendo disponibili molti locali dell’ex ospedale cittadino, dove negli ultimi anni comunque qualche ufficio è stato portato: la sede del Distretto tirrenico e dell’ufficio tecnico. Uno svuotamento dell’immobile in affitto dai tempi troppo lenti visto che la terna antimafia guidata dal prefetto Giovanni Meloni solo nel febbraio scorso – quindi alla fine del suo lungo mandato – ha varato una delibera che incarica un avvocato di rescindere il contratto e traslocare i pochi uffici superstiti nella sede di via Statale 18. In realtà, l’inerzia rischia di non finire poiché «nell’atto – spiega un altro dipendente – non viene indicata una data entro cui chiudere la locazione».