Sono dieci i deputati e senatori uscenti non ricandidati. Altri 13 hanno pochissime chance di essere rieletti. I (quasi) sicuri sono solo 9 - I NOMI
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Potrà continuare con le dirette facebook, la sua quotidiana tribuna social da cui dispensa pillole filosofiche e giudizi salomonici. Solo che adesso le sentenze mediatiche di Nicola Morra saranno solo le sentenze mediatiche di Nicola Morra privato cittadino, e non più di Nicola Morra presidente della commissione nazionale Antimafia.
Il destino degli uscenti
Il senatore ex 5 stelle è uno dei 10 parlamentari calabresi “sommersi”, cioè quelli non ricandidati alle elezioni del 25 settembre. Uno di quelli che torneranno a casa e al lavoro precedente (è professore di liceo).
Sono invece ben 13 i “mezzi morti”, quelli che si sono aggrappati al pezzetto di legno di un’elezione quasi impossibile. Della ormai vecchia delegazione parlamentare regionale i “salvati” potrebbero essere quindi soltanto nove. Nove sui 32 eletti nel 2018.
I sommersi
Dopo essere stato espulso dal M5S per non aver votato la fiducia al Governo Draghi, Morra – tra le proteste di tutti i partiti – è comunque rimasto a capo della Bicamerale, senza tuttavia trovare il partito giusto per tentare una nuova rielezione. Da tempo si vociferava di una sua possibile candidatura con Unione popolare di Luigi De Magistris. Non se n’è fatto niente, evidentemente.
Dicono addio (per sempre?) al Parlamento altri reprobi del Movimento come Francesco Forciniti, Rosa Abate, Francesco Sapia, Margherita Corrado. Fuori anche Federica Dieni: poche settimane fa ha lasciato i 5 stelle per aderire a Italia viva, ma ha poi declinato l’invito a candidarsi in un collegio ad alto rischio come quello di Reggio-Locri.
Non siederanno nel prossimo Parlamento altri due deputati rimasti fedeli a Giuseppe Conte: il coordinatore regionale Massimo Misiti e Paolo Parentela.
Gli altri uscenti non ricandidati sono Marco Siclari (Fi) e Antonio Viscomi (Pd): il primo ha pagato la condanna in primo grado per scambio elettorale politico-mafioso, il secondo le solite logiche correntizie del partito di Letta.
Alcuni mezzi morti, in realtà, potrebbero pure farcela. Fulvia Caligiuri è seconda, dietro al coordinatore di Fi Giuseppe Mangialavori, nel plurinominale Camera. Se gli azzurri dovessero replicare almeno in parte il boom delle scorse Regionali, per l’ormai ex senatrice si potrebbero spalancare a sorpresa le porte di Montecitorio. Può sperare anche il leghista vibonese Fausto De Angelis: è terzo nel listino del Senato, ma chi lo precede ha ottime chance di essere eletto altrove. Il capolista è il leader Matteo Salvini, candidato anche a Milano, in Basilicata e in Puglia; poi c’è Tilde Minasi, che corre pure nell’uninominale Sud.
Tutti gli altri devono sperare in un salvataggio al momento non prevedibile. Vale per i forzisti Sergio Torromino (terzo Camera), Silvia Vono (quarta) e Maria Tripodi (seconda Senato), ma anche per i pentastellati Giuseppe Auddino (Senato Sud), Riccardo Tucci (Vibo-Piana), Anna Laura Orrico (Cosenza tirrenica), Elisa Scutellà (Catanzaro). Praticamente fuori Alessandro Melicchio, primo supplente nel proporzionale Camera.
Ridotte all’osso le possibilità di altri due ex stellati. La sottosegretaria Dalila Nesci è la candidata che Luigi di Maio ha scelto per il collegio (difficilissimo) di Vibo e per il secondo posto nel listino Camera di Impegno civico; Pino d’Ippolito è invece il capolista al Senato, dove i quattro posti disponibili saranno appannaggio dei partiti più grandi.
Pura testimonianza, infine, per la paladina dei no vax Bianca Laura Granato, diventata uno dei volti più noti della controinformazione per via delle sue tesi radicali su Covid e Green pass e per essersi rifiutata di esibire il certificato verde in Senato (scelta che le è costata 10 giorni di sospensione). Granato affronterà il voto nel maggioritario di Catanzaro sotto le insegne della nuova creatura di Antonio Ingroia, Italia sovrana e popolare.
I salvati
I salvati potrebbero essere solo 9. Le ragioni della loro sopravvivenza sono diverse. Nico Stumpo, ad esempio, è stato blindato dal Pd (capolista Camera) per la sua vicinanza al ministro Roberto Speranza, leader del partito alleato Articolo 1. Wanda Ferro (prima Camera e uninominale Catanzaro) è sopravvissuta perché è il politico calabrese di cui Giorgia Meloni si fida maggiormente.
Silvio Berlusconi ha invece salvato il suo segretario regionale, Mangialavori (primo Camera), e altri due azzurri come Francesco Cannizzaro e Andrea Gentile, piazzati nei collegi, ritenuti sicuri, di Reggio e Cosenza. Enza Bruno Bossio si gioca invece la terza elezione di fila con il Pd (è seconda nel proporzionale Camera).
Situazione un po’ più complicata per Domenico Furgiuele, coordinatore della campagna elettorale della Lega. Salvini lo ha candidato nell’uninominale di Cosenza-Crotone, un collegio in cui non è molto radicato politicamente (è originario di Lamezia Terme) ma che è comunque considerato vincente per il centrodestra.
Il capolista del M5S al Senato è l’ex magistrato Roberto Scarpinato, candidato anche in Sicilia. Alle sue spalle la crotonese Elisabetta Barbuto, che potrebbe approfittare di un possibile effetto domino.
Qualche rischio pure per Ernesto Magorno. Il senatore renziano ha suo malgrado dovuto cedere il passo alla vestale del renzismo, Maria Elena Boschi, capolista alla Camera per il Terzo polo. L’ex ministra è però candidata pure in altre regioni: il sindaco di Diamante ha tutto il diritto di considerarsi pienamente in partita.