Dal Garante della protezione dei dati personali arriva un monito che è necessario prendere in considerazione. Lo smart working può rappresentare una nuova e praticabile forma di organizzazione lavorativa a patto che si garantisca il diritto alla disconnessione del lavoratore
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Il 23 giugno 2020 il Garante della Privacy ha reso noto la Relazione annuale 2019 offrendo spunti interessanti. Il presidente del Garante dell’Autorità ha trattato, come sempre, temi di stretta attualità.
Si è soffermato, infatti, sulle polemiche degli ultimi giorni relative alla volontà di estendere, anche a pandemia conclusa, lo smart working ovvero continuare a lavorare da casa.
Tema delicato e controverso poichè tocca, e non poco, importanti diritti quali la tutela della privacy del lavoratore.
Tutti abbiamo sperato, per mesi, di ritornare alla normalità. Riappropriarci della nostra vita, della nostra quotidianità , riprendere i rapporti interrotti, respirare aria di libertà. Per molti questo significa ritornare negli uffici, tornare nel proprio posto di lavoro.
Tornare a vivere, interagire, socializzare e magari tornare a litigare con i colleghi di lavoro. Qualsiasi cosa pur di circolare, muoversi, esser felici, lamentarsi, tornare a condividere.
La modalità smart, per molti, viene considerata un’eccezione e l’ipotesi che essa possa essere prolungata di altri mesi non entusiasma tantissime persone desiderose di tornare a interagire, non più in modo virtuale, con colleghi e interlocutori professionali.
Per questo, dal Garante della protezione dei dati personali, arriva un monito che va preso in considerazione.
Lo smart working può rappresentare una nuova e praticabile forma di organizzazione lavorativa, a patto che si garantisca il diritto alla disconnessione del lavoratore ovvero è impensabile che il lavoratore rimanga illimitatamente contattabile al telefono o via mail per l’intera giornata, week-end compresi, da parte del datore di lavoro.
Ed allora, a queste condizioni e con le dovute tutele, smart working si, potrebbe andare bene.
Per molti, questo periodo tremendo, è stato utilizzato per riappropriarsi di pensieri che sembravano non esistere più, di una vita vissuta in modo diverso, senza metro, senza auto, senza autobus, senza treno, senza interagire.
Per altri, invece, il brivido di tornare sul Grande Raccordo Anulare o sulla Salerno Reggio Calabria, il traffico, la metro, gli autobus, i treni affollati dei pendolari era vita, vita vissuta, vita caotica che, nonostante tutto, valeva la pena viverla di nuovo, quasi se ne sentiva la mancanza.
Ed allora al diavolo lo smart working e anche i colleghi invadenti.
di Antonia Postorivo, avvocato