In Roma senza papa, romanzo di Guido Morselli pubblicato da Adelphi nel 1974, qualche mese dopo la morte dello scrittore, mentre la Compagnia di Gesù prova a risolvere la questione meridionale “hôtelizzando” il Sud d'Italia, il papa, un credibilissimo ma inimmaginabile Giovanni XXIV, trasferisce la sua residenza a Zagarolo, a trenta chilometri da Roma, avviando una drastica rivoluzione della Chiesa degli anni Duemila.

Nel mondo, il posto dell'amore, del sesso, della famiglia, del lavoro, della poesia e della gloria ora è occupato dal turismo e, così, anche la Chiesa si muove, a dispetto di chi ancora la accusa di immobilismo. Si muove a tal punto da procedere alla cattolicizzazione della psicoanalisi, la sua vecchia nemica giurata trasformatasi in ancella. Rinunciando, poi, alla sua matrice territoriale, essa non è mai stata così terrena, anche perché ha sostituito il diavolo con l'inconscio e ha rinunciato ad anatemi e bellicosità, anche quella che si consuma al suo interno.

Come un novello Celestino V e un Benedetto XVI ancora di là da venire, il benedettino Giovanni non sarebbe alieno da un pontificato a tempo. Ha persino ripudiato ogni riferimento alla romanità fastosa e festosa, cercando una sacralità più umile, più a portata di uomo e segnando davvero la fine di un mondo.

Se tutto il mondo si muove, il papa non viaggia, non va neanche a Roma regolarmente, limitandosi a brevissimi spostamenti in forma privata. Parla pochissimo e, quando lo fa (ventinove volte in tre anni), fa dell'antiretorica un imperativo assoluto. Insomma, fino a quando è stato romano il papato non poteva essere cattolico nel senso pieno del termine, perché troppo anti-biblico e pomposo, e Giovanni, avendo avuto il coraggio di disancorarlo, ha fatto sì che se ne potesse recuperare la matrice mite e autentica nel punto in cui l'Europa meridionale muore nel profondo Sud italiano: «Tufo, mosche e caciocavallo, dieci per cento di illetterati, due caffè, vietati alle donne».

Il varesino Morselli, morto suicida nel luglio del 1973, ha immaginato un papa in esilio da sé stesso e un futuro diverso per una Chiesa che, in una silenziosissima provincia italiana, si ponesse come ultimo concreto baluardo contro le distorsioni dell'Occidente. È vero, Roma senza papa è una rovina, per la gente e per i preti addirittura «una femmina senza marito»; eppure, un Soglio pontificio che, dai margini del mondo, antivedesse ciò che resta oscuro ai grandi della terra dovrebbe costituire la prima aspirazione di una Chiesa che voglia davvero riformarsi e che forse è stato l'ultimo desiderio di Bergoglio, papa totalmente privo di unzione.