Credo che i protagonisti che hanno determinato la vittoria siano stati la demagogia, il populismo e l'antipolitica che ritengo siano virus che si diffondono con troppa facilità tra gli italiani
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Insieme a pochi altri, dopo l'esito referendario comprendo che non eravamo moltissimi, sono ed ero una convinta sostenitrice del No al quesito referendario.
Il Sì ha vinto al referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari e ha ottenuto il 69,64 per cento mentre il No il 30,36 per cento.
Non dirò certamente che il 69,64% degli italiani non ha compreso cosa stesse votando e che ha sbagliato.
No, non lo dirò e porterò loro rispetto perché come si dice? “È il bello della democrazia”.
In politica, come nella vita, si vince e si perde e, quando si perde, che si perda almeno con dignità senza denigrare chi non ha ritenuto le tue opinioni degne di considerazione.
Anche se sono seduta nella metà campo che spetta ai perdenti io credo, invece, che abbia perso l'Italia.
L'esito del referendum ha consegnato un quadro desolante del nostro Paese.
Gli italiani che hanno votato Sì sono, a mio avviso e da attente analisi del voto che sono state fatte, arrabbiati, non credono più a niente, disillusi, mossi da acredine verso i politici, politici che vorrebbero vedere fuori dal parlamento e forse buttare loro qualche monetina…
Invece credo che i protagonisti che hanno determinato la vittoria del SI siano stati la demagogia, il populismo e antipolitica che ritengo siano virus che si diffondono con troppa facilità tra gli italiani ultimamente, creando gravi danni per la democrazia e per la nazione, per la gioia di personaggi negativi che ne beneficiano.
La demagogia può essere tranquillamente definita come l'abilità di alimentare l'odio verso la politica e la fantomatica “casta” facendo promesse irrealizzabili o realizzate male (leggasi reddito di cittadinanza). Si tratta di una tecnica molto antica conosciuta sin dai tempi dell'antica Grecia.
Riflettendo bene in un vero sistema democratico la demagogia non potrebbe esistere lasciando spazio ad un efficiente sistema di formazione e informazione dei cittadini.
La demagogia si basa spesso sulla malafede di chi la pratica, sui problemi radice della disinformazione e della frammentazione sociale.
Il populismo invece viene, a volte, usato come sinonimo di demagogia, altre volte per identificare quei movimenti politici che cavalcano l'onda del malcontento popolare verso la classe politica, mirando solo ad un ricambio politico a proprio favore usando un linguaggio aggressivo che risulti di facile presa sulla popolazione.
Si tratta dell’ennesimo inganno per la popolazione.
Solitamente il populismo è una forma di “attrazione del consenso” fondata sulla semplificazione della realtà: il populista cerca di arrivare alla “gente” con messaggi di facile comprensione, che toccano interessi diffusi, accompagnandoli spesso da un moto di indignazione. Che gli interessi toccati dai messaggi populisti siano realmente quelli “del popolo” è indifferente: l'importante è che il popolo ci creda.
Il populismo è, a mio avviso, una perfetta banalizzazione della complessità dei problemi e, dunque, una “presa in giro” bella e buona.
Ed arriviamo infine all‘antipolitica, ovvero all’avversione e disprezzo per la politica, e per i suoi protagonisti: i politici, i partiti e istituzionali. Questa antipolitica nasce dalla rabbia e dalla protesta per le promesse non mantenute, dal malcontento, dalla crisi economica, dalle risposte non date ai problemi veri, dall'idea qualunquistica che non vi sia differenza fra i partiti e che siano tutti uguali.
Ma cosa è l’antipolitica se non una forma di politica? È una conseguente azione che spesso sfrutta le regole tipiche della politica ma con uno scopo squisitamente “eversivo”, per ottenere facili consensi presso le persone sensibili ai temi dell’antipolitica. Insomma, anche l’antipolitica viene usata per manipolare le persone a proprio vantaggio al fine di ottenere dei vantaggi personali, ad esempio la conquista del potere senza una soluzione ai problemi dei cittadini.
Credo fermamente che sia importante conoscere bene il significato di tali termini.
Non conoscere il vero significato di tali termini significa permettere l'espansione proprio della demagogia e del populismo e può significare, anche, non riconoscere i portatori di sane riforme sociali.
Il disimpegno indignato, populista, rancoroso quanto disinformato è forte in Italia e non va sottovalutato.
Davanti al chiaro fallimento di una consistente fetta di politica spero che l'esito referendario dia loro una svegliata e che si torni alla vera politica non all'abolizione di essa come alcuni vorrebbero, perché solo così si potrà far comprendere al 69% degli italiani che la politica va compresa e non odiata, va difesa e non vilipesa, va pungolata, va sorretta, va criticata ma mai demolita perché è la buona politica la spina dorsale che regge un Paese nel quale vale la pena vivere.