La violenza dei giovani fascisti responsabili dell’aggressione va combattuta con l’informazione e la cultura. In passato contro analoghi episodi di intolleranza sarebbero state organizzate manifestazioni di protesta in tutto il Paese
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Alcuni studenti del liceo Michelangiolo di Firenze sono stati aggrediti da giovani militanti di estrema destra del gruppo di Azione Studentesca. É piuttosto triste vedere un simile atto di squadrismo oggi, perché ormai si pensava che cose del genere fossero definitivamente diventate memoria storica degli anni Settanta del Novecento, quando non erano così infrequenti come oggi e spesso finivano anche in omicidi. Ma tant’è. Sul fatto Giorgia Meloni non ha fiatato e nemmeno altri membri del suo governo.
Anche questo è triste, ma entro certi limiti prevedibile. Nell’immediato, insomma, non ha fiatato nessuno, nemmeno gli studenti. E questo è tristissimo, soprattutto per chi è sufficientemente anziano da ricordare che negli anni Settanta del Novecento, appunto, una violenza simile avrebbe determinato manifestazioni di protesta in ogni angolo del territorio nazionale. Ma lasciamo perdere anche questo, perché quello che è proprio inaccettabile è il seguito della storia e il seguito della storia è che sui fatti di Firenze l’unica persona ad avere detto quello che va detto è stata la dottoressa Annalisa Savino, dirigente del liceo in cui è avvenuta l’aggressione, con una lettera ai suoi studenti che qualsiasi sincero democratico non può che condividere in ogni sua parte.
La dottoressa Savino ha ricordato infatti ai ragazzi una elementare verità storica e cioè che il fascismo non è nato con le grandi adunate oceaniche e con la gente che applaudiva in massa il duce Benito Mussolini, ma ai margini dei marciapiedi, quando gli Italiani per bene cominciarono ad essere pestati per motivi politici ed abbandonati all’indifferenza prima dalle forze dell’ordine per precisa indicazione politica e poi dall’intera opinione pubblica nazionale. La dottoressa Savino ha citato Antonio Gramsci e il suo testo "Odio gli indifferenti", ricordando che Gramsci, un uomo e un intellettuale di cui l’Italia può andare fiera, messo in carcere fino alla morte da fascisti “impauriti come conigli dalla forza delle sue idee”, affermava che esistono questioni di principio così generale da non ammettere alcuna indifferenza.
La dottoressa Savino ha dichiarato infine che la violenza dei giovani fascisti responsabili dell’aggressione va combattuta con l’informazione e la cultura, non certo con una analoga violenza di segno opposto, senza però illudersi che questo “disgustoso rigurgito fascista” vada via da solo. Che cosa c’è di sbagliato in tutto questo?
Ebbene, colpo di scena, il ministro Giuseppe Valditara, muto sullo squadrismo di Azione Studentesca, su questa lettera ha miracolosamente riacquistato l’uso della parola, definendola “impropria”. Incoraggiati dalle parole di Valditara e dalla sua indegna censura ministeriale alcuni giornalisti hanno farneticato di “egemonia rossa” (sic), altri hanno minimizzato parlando di “fascismo immaginario” ed altri ancora, che farebbero bene ad uscire dalla loro condizione di analfabetismo culturale e umano, si sono permessi l’insolenza di “bocciare” la dirigente “in italiano e storia”. Lasciamo ad altri più esperti di noi lo stabilire se e fino a che punto dirigenti e militanti dei Fratelli d’Italia, eredi politici di un partito apertamente fascista come il Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, o anche certi giornalisti, siano
diventati davvero post-fascisti.
In ogni caso a Giuseppe Valditara va ricordato che è un ministro della Repubblica italiana, che conseguentemente il suo punto di riferimento fondamentale è la Costituzione e che la Costituzione italiana, gli piaccia o non gli piaccia, poggia sul ripudio del fascismo, in forma squadristica e non, per cui “improprie”, ma diciamo pure inappropriate e francamente indecenti, sono le sue parole, non quelle della dirigente. Un’ultima osservazione è altrettanto doverosa. Si ha sempre buon gioco a dire che, per carità, l’Italia di Giorgia Meloni non è un regime fascista ma, se un’autorità politica si permette il lusso di stabilire di che cosa si può e non
si può parlare in una scuola, forse al fascismo vero e proprio non ci siamo ancora ma al regime, nel senso peggiore del termine, probabilmente sì, anche se magari non ce ne siamo accorti.