Ancora solo un’intervista e non un Testo di Legge, eppure fanno già discutere, e dividono, le Novità per la Scuola che, a partire dal Primo Ciclo di Istruzione, sono state proposte dal Ministro Valditara. Una su tutte: la lettura della Bibbia che viene inclusa in un elenco di Opere come i Poemi Omerici e le Saghe Nordiche (un po’ di Nord ci sta sempre bene…).

Insieme all’idea di dare priorità alla Storia nazionale, europea ed occidentale la lettura della Bibbia sembra “strizzare l’occhio” a una volontà di “educare” le future generazioni, trasmettendo valori e visioni del mondo non universalmente condivisi, condizionati da un’ideologia di chiara matrice politica che, in società sempre più globalizzate, vorrebbe imporre modelli piuttosto che integrare e includere.

Se effettivamente anacronistico, oltre che fuorviante culturalmente, appare il richiamo a una Storia rivolta soprattutto verso Occidente (Globale non fu anche la Storia di Roma?), in soccorso del Ministro, per quanto concerne la Bibbia , intervengono alcune argomentazioni. La Bibbia, infatti, non è soltanto un Libro religioso, bensì è da sempre considerato un Racconto straordinario, i cui personaggi e le cui vicende nulla hanno da invidiare all’Odissea, alla leggenda eroica dei Paladini di Francia o a quella altrettanto affascinante di Shahrazad nelle Mille e una Notte. Pertanto, se correttamente interpretato, non sembrerebbe “bizzarro” il suo accostamento a capolavori della letteratura epica.

Tuttavia, al di là di tali perplessità, è l’impianto generale della Riforma che contiene alcuni elementi interessanti. Innanzi tutto, sottolineando il valore di discipline quali letteratura, latino, arte, musica e storia, il Ministro ha ridato slancio a un sapere umanistico che, forse perché di gentiliana memoria, era stato relegato, dai suoi predecessori, in un angolo, per lasciare il posto a una “visione aziendalistica” della Scuola, orientata verso le Scienze, per lo più applicate, e considerata piuttosto un approccio al mondo del lavoro che non anche un luogo di formazione di Uomini e Cittadini, formazione che, necessariamente, passa attraverso conoscenze di cultura generale. Chi non ricorda le famose tre “I”, ovvero Inglese, Informatica e Impresa che aprirono la strada all’Alternanza Scuola- Lavoro, anche nei Licei?

Ben venga, dunque, la reintroduzione del latino, sia pure come opzione facoltativa, già in seconda media, non tanto per celebrare le passate glorie nazionali bensì per promuovere conoscenze utili in grado di ostacolare un sempre più diffuso analfabetismo funzionale, ovvero l’incapacità di comprendere e produrre testi in lingua italiana, competenza che, prima di essere culturale, è civica, in quanto indispensabile per rendere liberi i Singoli come le Società. Ma c’è di più. Ben venga soprattutto l’aver coinvolto storici, letterati, musicisti e latinisti in veste di consulenti, anche per limitare l’eccessivo protagonismo dell’approccio pedagogico che, negli ultimi anni, ha dettato l’agenda dei lavori facendo sì che il “problem solving” venisse citato più frequentemente della Divina Commedia.

Ma sarà poi vero che possa tornare di moda anche ciò che devi conoscere per saper fare? È presto per giudicare. Bisognerà pazientemente attendere il testo di legge. Intanto, però, parafrasando Giovanni Pascoli,si potrebbe già dire che “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi di antico” e aggiungere che quell’Antico piace per ciò che sembra promettere: riportare gli Studia Humanitatis, e dunque l’Uomo, al Centro.

L’Uomo misura di tutte le cose, non per ricondurre la Scuola agli “anni 50”, bensì per proiettarla nel futuro, verso quella rivoluzione industriale 5.0, le cui parole chiave, nell’ambito delle linee guida pubblicate dalla Commissione Europea nel 2021, sono anche creatività e centralità del capitale umano. Nel Tempo, che sarà sempre più dominato dall’Intelligenza Artificiale, non sembra un obiettivo da poco.