Molte categorie di esercenti piegati dalla crisi sono scese in piazza evocando la cancellazione di quasi tutte le misure anti-contagio mentre però il virus continua a mietere vittime. Davvero un brutto dilemma
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Nell'era del Covid la necessità di riequilibrare il ritorno alla normalità anche e soprattutto a fini lavorativi (oltreché di natura socioeconomica e addirittura psicologica) e l'obbligo di tutelare la salute pubblica sta portando a una battaglia social e a una forma di protesta nelle piazze, anche calabresi e catanzaresi, che rischia di far compiere passi affrettati. Molto affrettati. Certo, ci domandiamo con insistenza chi non vorrebbe tornare 'libero' soprattutto al Sud, in particolare adesso che la primavera sta per entrare nel vivo e l'estate inizia a bussare alle porte, dopo un anno e più di sostanziale clausura?
Ma bisogna fare attenzione, perché il gusto di un'uscitina per andare in un cinema o in un teatro ad assistere a un film o a uno spettacolo senza limiti di orario; in un ristorante o in un bar, a mangiare o a consumare comodamente seduti al tavolo, oppure ancora di fare una semplice passeggiata all'aria aperta, magari serale o persino notturna in un weekend con temperature gradevoli, potrebbe portare a nuovi 'disastri'. E lo diciamo da convinti libertari, che vedono il coprifuoco come il fumo negli occhi. Ma, a conti fatti, qualche limitazione fra cui quella oraria appare ancora giustificata. Perché la sensazione è che qui, a poco a poco, si stia arrivando al paradosso del vecchio adagio su "chi, partendo dal dito, si prende il braccio". Atteggiamento anche comprensibile per quanti davvero sono “alla canna del gas". Disperazione dietro a cui si possono tuttavia celare mosse opportunistiche da parte dei tanti 'pirati' del tessuto economico che - per dirla alla napoletana - "chiagnono e fottono", speculando senza scrupoli sui bisogni della povera gente.
E non va bene, perché da un confronto fatto, rispetto allo stesso periodo di un anno fa (sempre in costanza del subdolo imperversare del temibile Coronavirus), non c'è molto di cui rallegrarsi. Basti pensare al dato che, come ovvio, colpisce più di tutti: quello relativo ai decessi. Parliamo nella fattispecie dei 373 morti di ieri, registrati malgrado mesi e mesi di campagna vaccinatoria, chiusure più o meno ferree e dispositivi di protezione indossati, a fronte delle 333 persone scomparse il 27 aprile 2020. Un saldo negativo fatto di ben 40 vite perse in più in un singolo giorno e dunque qualcosa di molto distante e diverso dall'opportunità di pronunciare un "liberi tutti", anche senza dimenticare le comprensibili esigenze di coloro che devono tornare a lavorare per non… morire.