Le parole più recenti del procuratore Nicola Gratteri devono rappresentare un monito per tutti. Prende infatti corpo la tesi secondo cui la meravigliosa Calabria, abitata nella stragrande maggioranza da persone perbene, sia anche la terra di faccendieri e mediatori, la cui prosperità è dovuta a una crescita smisurata maturata all'ombra dei grandi interessi. Il nostro riferimento è a elementi pericolosissimi, perché ammantati da un'aura di irreprensibilità che li fa assurgere addirittura a vanto della comunità. Spesso filantropi e benefattori (finti e falsi, come ovvio), hanno sempre il sorriso sulle labbra e un favore lo negano davvero a pochissimi. Solo a quanti, cioè, all'occorrenza non sarebbero nelle condizioni di contraccambiare il piacere, neppure ad esempio con un po' di voti alle varie elezioni. Soggetti inutili, dunque, in quest'ottica perversa.

Il compito di faccendieri e mediatori

A faccendieri e mediatori spetta il delicato, ma assai remunerativo, compito di facilitare affari in origine puliti, anche se talvolta parecchio spregiudicati o per meglio dire borderline, che diventano (almeno otto volte su dieci) sporchi - se non sporchissimi - non appena vengono contaminati dalla 'ndrangheta che arriva ad addentare tutto come un famelico squalo allorché percepisce da lontano l'odore dei soldi. Prima di capire gli elementi distintivi fra le due categorie, ricordiamo però come tra loro ci sia un comun denominatore costituito dalla volontà di operare una tristemente famosa scalata sociale.

Si tratta della tanto bramata arrampicata che consente una "vita vista mare" malgrado si svolga ad esempio il mestiere di modesto impiegato a 1.500 euro al mese (cifra con cui soprattutto al giorno d'oggi di sicuro non acquisti ville e macchinoni) o in altri casi addirittura nemmeno si sa bene cosa se non, appunto, non meglio specificati affari. Ma non solo. Tali attività permettono magari anche, come in una vecchia storia italiana di giudici delle cosiddette magistrature superiori caduti nella rete di una nota inchiesta, a un signore (come quelli da noi descritti) titolare di un'aziendina di piccole proporzioni e molto chiacchierato nel suo paesino di appellare con il termine poco elegante (eufemismo!) di "cumpa'" un Ermellino soltanto perché ha i contatti giusti per riuscire a fornire a questo alto funzionario dello Stato appetite utilità.

La differenza tra faccendieri e mediatori

Cosa divide le due tipologie di soggetti citate? Semplice: ai faccendieri spetta la mansione di condurre operazioni in proprio, che in realtà sono utili anche ad altri o - di contro - esclusivamente a qualcuno in particolare. Che, non di rado, le finanzia in modo occulto. Parliamo di un soggetto che non vuole o, di sovente non può, comparire in maniera palese. E si badi, qui non si tratta di 'semplice' riciclaggio, ma di qualcosa di molto diverso. Perfino parecchio peggiore. Viene poi in risalto la figura del mediatore. Uno che quasi mai investe o, se lo fa, rimane entro limiti circoscritti. Perché il suo ruolo precipuo è, invece, di mettere in contatto appartenenti a vari mondi, su tutti lo spaventoso e seminascosto pianeta criminale, per creare una sorta di alveare in cui ogni ape serve a portare avanti i progetti personali e ancor di più il disegno assai più ampio di uno o più scaltri burattinai. Ma per quale motivo se ne parla così poco, malgrado la funzione chiave che svolgono nel tessuto socioeconomico, inquinandolo? La risposta è fin troppo scontata: individuarli, per poi stanarli, è difficile. Parecchio difficile. Vivono infatti protetti da una rete che va dal "mondo di sopra" a quello di... sotto. E solo quando gli inquirenti riescono a far luce in tutti gli angoli bui del piano malavitoso da loro promosso, ahinoi non accade di frequente, saltano fuori come stralunati 'topi di stiva' che hanno perso la loro (in realtà inesistente) verginità, venendo smascherati.