Il dottor Mario Verta, apprezzato primario di Gastroenterologia all’ospedale di Cosenza, vive ed opera nella città bruzia. Medico e artista. E soprattutto street artist! Sorprendentemente un bravo artista di strada nell’animo di medico preparato e competente.

Allora l’arte può essere una cura. Ma cosa può curare? Quando si è avvicinato al disegno e alla pittura?
«Sì, sono un medico, un gastroenterologo ed ho questa passione per l’arte e per la pittura in particolare dalla più tenera età. Mia madre era una pittrice naif degli anni ’70-’80 e aveva un negozio di quadri e cornici a Cosenza. Sono cresciuto quindi con il “profumo” dei colori che aleggiava per casa e questo ha sicuramente contribuito a farmi amare la pittura e ad aprirmi, in generale, al mondo dell’arte».

Quindi, la pittura può curare?
«Credo non ci siano dubbi su questo. A parte le note tecniche di arte-terapia utili per aiutare e supportare le persone in situazioni di disagio personale (fisico o emotivo) o sociale, credo che l’arte sia uno stimolo fondamentale per l’anima e il corpo e rappresenti una forma di terapia anche per chi la fa…»

Lei ha maturato le prime esperienze fuori dalla Calabria prima di approdare alla pittura e alla street art.
«Ai tempi dell’università, a Perugia, guadagnavo qualche soldo disegnando biglietti da visita e biglietti d’auguri per uno studio grafico della città; mi adoperavo (allora si usava così) anche facendo locandine per concerti ed eventi e qualche quadro venduto qui e li per arrotondare. La svolta, forse, è stato un vecchio aerografo regalatomi nei primi anni 2000 da quella che sarebbe poi divenuta mia moglie. Quel piccolo oggetto di metallo mi ha aperto definitivamente al mondo della “aerosol art” e poi al ritorno agli amati graffiti degli anni adolescenziali».

Dal “Graffio” al “Sottosuolo” fino alla “Street Art School Cosenza”. Un percorso in crescendo alla scoperta del mondo dell’arte.
«Tornato a Cosenza dall’università ho preso contatto subito con la scena artistica cittadina che allora era molto fervente. Una delle associazioni culturali più attive in quel periodo era “Il Graffio”. Intorno a questa piccola bottega del Centro storico ruotavano alcuni degli artisti più illuminati del tempo… come non citare Giuseppe Filosa, Sergio Valentini ed altri. Con loro ho partecipato all’organizzazione di diversi eventi e mostre in tutta Italia. Da questa esperienza e dalla voglia di aggregare e fare cultura è nata l’Associazione culturale Sottosuolo».

Un’Associazione che ha prodotto molte iniziative.
«Sí, negli anni  tra 2006 e il 2011 ha prodotto oltre 30 eventi culturali in Calabria ed in altre parti d’Italia. Tra questi ricordiamo tre edizioni della nota mostra d’arte contemporanea “Contaminazioni”, la prima “Notte dei Musei” a Cosenza ed altre importanti iniziative artistico-culturali. Nel 2015 poi, insieme ad altri amici appassionati di Street Art ho fondato la “Street Art School Cosenza” una vera scuola di graffiti, la prima in Italia con un avallo istituzionale, con lo scopo di avvicinare i ragazzi all’arte e all’uso consapevole della bomboletta spray. Ne sono nati interessanti corsi che non trascurano di insegnare ai ragazzi anche le elementari tecniche di disegno e la teoria del colore. I risultati sono stati presto evidenti con un numero sempre crescente di appassionati e una drastica riduzione, in città, del fenomeno del vandalismo».

Lei ha eseguito diverse opere di Street Art in Calabria. Vogliamo raccontarle?
«Si, insieme alla mia “crew”, così si chiama in gergo un gruppo di “graffitari” (la Bro Crew), abbiamo partecipato a diverse manifestazioni ed eventi di street art in Calabria così come in altre parti d’Italia. Ricordo la nostra partecipazione al “Museo delle Case Narranti Friuli” con l’opera “Origami” (fig 1) nella bellissima cornice di Bagnaria Arsa e Campolonghetto nel Friuli Venezia Giulia; il progetto S.T.U.R.G di “Musica Contro le Mafie” (fig 2) al liceo Classico B.Telesio di Cosenza nel 2022 con uno splendido graffito sulla pace violata e poi altre opere a Sersale con il noto artista ed amico Massimo Sirelli; Paola, San Lucido, Marano Principato… a Scigliano con “Gulia Urbana” (fig 3); a Riace in un contesto difficile durante le avverse vicende di Mimmo Lucano».

Come non ricordare le opere di rigenerazione urbana a Cosenza.
«Certo. Partendo da quelle alla Città dei Ragazzi e al Parco ”De Matera” dove campeggia imperioso un enorme Joypad… l’opera “life controller” un monito per le scelte di vita (fig 4). Come non citare la mia partecipazione al progetto “Vivi via Cirillo” a Napoli dove le porte di vecchie attività commerciali diventano sede di belli ed importanti graffiti… su una di queste un mio lavoro rappresentante un gufo ben augurale. E poi Potame con il Museo delle Case Narranti da cui la manifestazione friulana ha mutuato il nome dove possiamo trovare otre 20 opere del sottoscritto e di altri bravissimi artisti calabresi. Tante altre ce ne sono insomma e tutte belle ed importanti».

Un sodalizio che ha ottenuto la vittoria alla XXVIII edizione del Premio Pandosia di arte contemporanea a Marano Principato. Con quale opera?
«Si nel 2015 siamo stati invitati a partecipare alla XXVIII edizione della storica manifestazione artistica “Premio Pandosia” a marano Principato (CS) e abbiamo dipinto dal vivo un murales di 12 metri dal titolo “Alfa e Omega” che ci è valso il premio della giuria (fig 5). Una grande soddisfazione soprattutto perché era la prima volta che un’opera di Street Art partecipava ad una competizione di arte tradizionale. Il “pezzo” (questo il nome gergale del graffito) mostra una scimmia ed un uomo con una maschera antigas, posti di spalle l’uno all’altra che guardano due opposti paesaggi uno verde e fiorente e uno post nucleare e decadente…una rappresentazione della possibile evoluzione verso l’auto distruzione dell’uomo…l’origine e la fine, l’alfa e l’omega appunto».

Ed inoltre ha partecipato a diverse manifestazioni artistiche.
«Tra tutte ricordo una mia bella mostra Personale in una galleria romana in Trastevere nel 2006 che si intitolava “Surreal popolare” e tante altre partecipazioni a mostre collettive con premi di prestigio tra cui la “Special Distinctionaward e premio Presidente della Biennale alla “International Art Biennale” di Malta 2007. Il ricordo più bello e appagante è sicuramente la vittoria del premio “Elmo” alla cultura per meriti artistici nel 2018 insieme al mio compagno d’arte Amaele Serino e ad altri personaggi del calibro di Anton Giulio Grande e Max Mazzotta».

Credo sia molto interessante capire che tipo di artista è un illustre medico come lei?
«Nel corso della mia carriera ho sperimentato diversi stili e tecniche passando dal disegno alla grafica e all’aerosol art; sono approdato poi alla pittura acrilica con l’ausilio della bomboletta spray e di materiali vari. Amo cimentarmi con il realismo pittorico dipingendo spesso soggetti e scene che appartengono alla vita comune. Oggetto della mia ricerca sono gli oggetti o personaggi famosi che vengono decontestualizzatie inseriti in contesti non propri, i cui colori e le cui caratteristiche vengono modificati con pennellate larghe gestuali o spruzzi di colore. L’arte è molto affine alla medicina perché necessita di applicazione e creatività…e curare non è molto lontano da questo modo di operare. L’arte, poi, si rivela un’ottima valvola di sfogo per chi, come me ed i miei colleghi lavora a ritmi serrati e con un costante livello di stress psico-fisico».

La street art è l'evoluzione del Writing, che fa parte del movimento denominato Hip Hop. Ma per tanti si trattava di vandalismo. E forse ancora oggi per alcuni è così. Le è mai capitato di essere insultato mentre era all’opera? E forse ha anche dovuto giustificarsi e spiegare cos’è la street art.
«Il graffitismo è la forma d’arte più antica in assoluto. Se pensiamo che già gli uomini primitivi lasciavano i propri segni primordiali sulle pareti delle caverne descrivendo scene di caccia e di vita quotidiana ci rendiamo conto di quanto disegnare sulle pareti sia, forse, la forma d’arte più istintiva e naturale. Il graffitismo moderno ha come precursore il ragazzo dei sobborghi, delle periferie che vuole raccontare la propria storia, che vuole affermare la propria esistenza. Così dalla bomboletta di TAKI 183, un rider dei tempi passato, nasce a New York il graffitismo moderno».

Ma poi sono arrivati i vandali a rovinare tutto.
«Purtroppo per colpa di quei vandali sconsiderati che nel corso degli anni hanno devastato i muri delle città, ci si ritrova con una forma di discriminazione assoluta nei confronti della street art che sta assumendo, al contrario, una valenza addirittura museale (vedi Banksy, Shepard Fairey ed altri). I miei lavori fanno parte sempre di progetti consolidati e sono realizzati su spazi autorizzati quindi non mi è mai capitato di essere ripreso od insultato ma mi è capitato di dover spiegare che la bomboletta può essere usata anche a finalità prettamente artistiche…poi le opere parlano da sole e convincono tutti e tutte».

Qual è il lavoro che ritiene sia il meglio riuscito?

«Da buon padre che ama tutti i suoi figli non riesco a scegliere… ogni opera ha una sua storia, un suo percorso e ha suscitato delle emozioni indipendentemente dal risultato finale. Forse alcuni miei graffiti del Museo delle case Narranti di Potame, per il significato intrinseco che rivestono per quel luogo..una fra tutte “The Heart keeper” un uomo /robot di metallo che sogna di avere un cuore umano…ispirato forse al mago di OZ ed un memento per noi tutti che stiamo perdendo i veri sentimenti (fig 6)».

E quello che sogna di fare ma che risulta piuttosto complicato da realizzare?
«Non so, non ci ho ancora pensato…sarebbe bello poter dipingere le facciate delle case di un intero paese in modo da realizzare un’opera visibile solo da lontano…un’intero paesaggio che diventa un quadro immerso immerso nella natura… sognare è gratis…che costa?»