La Calabria è terra ricca di storie e leggende, inventate o no, che da secoli si tramandano, o che risalgono ad anni più recenti. Quale periodo migliore per ascoltare quelle che fanno più paura? Qui alcune più note e altre mai sentite con diverse varianti in base al luogo in cui si raccontano.

Falconara e la messa dei morti

Tra i racconti di Falconara, paese di origine arbëreshë, si tramanda una storia in cui protagonista è una donna, che un giorno all’alba stava uscendo di casa, e facendosi luce con un tizzone acceso camminava per andare alla fontana a lavare i panni. Rendendosi conto che fosse ancora presto, e vedendo la porta della chiesa del paese aperta mentre era in atto una funzione, decise di entrare.

La chiesa è piena di gente. La donna entra, e guardandosi intorno si sorprende rendendosi conto di non conoscere nessuno. Percorre la navata e sedendosi le pare di iniziare a riconoscere qualcuno: sono persone defunte, e quella è la messa per loro. Di fianco a lei trova la sua anziana madrina, morta poco tempo prima, che le dice: «Vattene, questa non è ancora messa per te».

Mettendosi paura fa per uscire, e mentre la porta si chiude alle sue spalle le rimane impigliata la gonna. Qualche giorno dopo viene ritrovata morta a casa sua. Spostandosi verso le campagne, con l’affaccio sul mare di Torremezzo, una delle leggende che gli adulti ascoltano fin da quando erano piccoli, ha come protagonista un bambino che si lavava in una grande vasca, la cosiddetta “cibbia”.

Più di una persona vide sul muro della cibbia lo stesso bambino, intento a lavarsi le manine, il collo e il viso, per poi buttarsi nell’acqua, e scomparire. La cosa si ripeté per molte persone, che parlando si accorsero di aver visto la stessa scena e lo stesso bambino sparire senza fare ritorno in superficie. Tutti convinti di aver visto il fantasma di un bimbo morto anni prima proprio in quella grande vasca.

San Lucido e le urla di Palazzo Cavallo

San Lucido, il paese della rotonda sul mare, ha sul suo territorio numerosi palazzi, tra cui Palazzo Cavallo, infestato ormai da anni da piante ed arbusti poiché disabitato, protagonista di alcune storie che tutti gli abitanti di San Lucido conoscono.

Una di queste racconta del proprietario del palazzo, il dottor Cavallo, di professione ginecologo, la cui moglie era incinta di una bambina. Per alcune complicanze, dopo dolori e un travaglio lungo, purtroppo la bambina morì nel momento della nascita, lasciando ovviamente i genitori nella più totale disperazione.

La moglie, da subito convinta che il marito non avesse fatto nulla per salvare la loro bambina, nonostante fosse medico, si trasferì nel centro storico, vivendo da popolana, anche se la famiglia Cavallo era invece benestante. All’interno del palazzo, ancora oggi a volte si sentono le urla della neonata.

Fiumefreddo Bruzio

Sapete che sotto il cimitero di Fiumefreddo Bruzio c’è un piccolo borgo abbandonato, protagonista di una storia di paura? In quel luogo in alto, vicino a Santa Rita per chi conosce la zona, nei pressi di una pietra, in quel posto che era avamposto per la chiesa, ci fu un vero e proprio scontro con i francesi, i quali presero d’assalto il quartiere uccidendo tutte le famiglie residenti.

In una delle case ormai distrutte si dice abitasse anche una bambina di nome Assuntina, di ancora pochi anni, morta anche lei durante l’attacco dei soldati nemici che sterminarono tutti gli abitanti del posto, senza far distinzione tra grandi e piccoli.

Alcuni abitanti di Fiumefreddo riferiscono di aver sentito almeno una volta, durante le notti di pioggia e vento, le urla della piccola Assuntina, disperata mentre assisteva alla distruzione di quella che era stata la sua casa e della sua famiglia.

Lago e la storia da truvatura

Una leggenda particolare, conosciuta anche con diverse varianti in base al paese in cui si racconta, è quella che si tramanda ancora oggi a Lago, piccolo paese situato a 485 metri sul livello del mare confinante con Amantea. In un luogo in cui si trovano rocce e pietre dalle forme suggestive, nasce la leggenda della truvatura, che parla di un tesoro sepolto.

Protagonista del racconto è un personaggio non ben definito che una notte fa un sogno rivelatore: quella che tutti conoscono come pietra i carvunella, si apre davanti ai suoi occhi rivelando un tesoro. Questo però solo ed esclusivamente seguendo accuratamente delle istruzioni: come recitare alcune preghiere, farsi il segno della croce per un numero preciso di volte, e altri gesti, obbligatori per far sì che il tesoro si palesi davanti ai suoi occhi anche nella realtà. Al contrario, il non seguire per filo e per segno tutte le istruzioni non farà ritrovare mai il tesoro.

Di buon mattino, appena sveglio, il nostro personaggio si incammina verso la pietra i carvunella, convinto di riuscire a seguire tutte le azioni elencategli durante il sogno della notte precedente, ma forse la sua convinzione gli fa sbagliare l’esecuzione delle formule. Gli appare quindi la figura del demonio, il tesoro scompare lasciandolo in compagnia del diavolo e con un pugno di mosche.

La leggenda della Magara di Civita

Di Civita, ai piedi del Pollino, una delle leggende più particolari è probabilmente quella della Magara. Si dice che di fronte al belvedere che dà sulle rocce ci sia una insenatura e che lì si nasconda una Magara, che appariva brutta alle donne e bella agli uomini, soprattutto quelli sposati. Gelose e invidiose delle attenzioni che i propri mariti dedicavano alla bella Magara, le mogli decisero di farle un tranello: convinte di ucciderla riuscirono ad intrappolarla e a buttarla giù dall’alta rupe, pensando che in questo modo si sarebbero finalmente liberate di lei.

Le donne non avevano però fatto i conti con i poteri della Magara, che invece di schiantarsi spiccò il volo verso l’alto rifugiandosi in una insenatura della roccia. Tra gli abitanti di Civita è diffusa la credenza che chi guarderà verso la timpa intravedendo il luogo in cui la Magara rimase, non si sposerà mai.

Alessandria del Carretto e la processione dei morti

Ad Alessandria del Carretto, quasi ai confini tra Calabria e Basilicata, le leggende si confondono con la realtà, tramandandosi ancora oggi anche tra le giovani generazioni. Si dice che durante il periodo dei morti, gli alessandrini, soprattutto quelli che facevano parte di congreghe, presenti all’epoca ad Alessandria, erano soliti, vestiti con delle tuniche e dei cappucci, andare a piedi tutti insieme verso il Calvario.

Questo era situato in una parte alta del paese e considerato da sempre un luogo sacro in quanto rappresentava il punto in cui è stato crocifisso Gesù. Mentre percorrevano il cammino, vestiti e incappucciati, suonavano una musica inquietante con corni e trombe, dando vita ad una vera e propria processione.

Scopo della tradizione che si svolgeva nel giorno dei morti, era quello di richiamarli in vita tramite questa musica e riportare così l’energia positiva verso il paese, elemento che li avrebbe accompagnati per tutto l’anno fino alla seguente processione.

U monachiaddhu

Tra le più conosciute leggende in Calabria, raccontata in tutti i paesi da nord a sud, troviamo sicuramente quella di u Monachìaddhu, conosciuto nelle sue varianti anche come Monachello, o Monachedu. In alcune case, soprattutto in quelle con le travi posizionate a croce, di notte, mentre si è in uno stato di dormiveglia, senza che ve ne rendiate conto, arriva u monachìaddhu.

Si tratta di un monaco dispettoso, piccolo ma pesante, che una volta salito addosso alla vittima che ha scelto, la schiaccia con il suo peso e cerca di soffocarla senza che la persona presa di mira riesca ad urlare o solo ad emettere un suono dalla bocca per chiamare aiuto.

È così pesante che non si riesce a scrollarselo di dosso nonostante i tentativi, poiché blocca le braccia e le gambe di chiunque voglia tormentare, e così oltre alla voce anche i movimenti degli arti risultano limitati.

Cerca di soffocare sul letto la persona alla quale ha deciso di dare fastidio e se ne va soltanto dopo averla torturato per molto tempo. Chi riuscirà però a togliergli il berretto che porta in testa, riceverà da lui tantissimi soldi.