Il volume dello scrittore di Riace, che ha anche curato diversi format per LaC Tv, è simile a «un viaggio in macchina, lento». L’amore per il proprio territorio e il bisogno di conoscerlo: «I problemi esistono e vanno affrontati, ma il realismo deve viaggiare con l'idealismo. È l'unico modo per trattenere in nostri figli qui»
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Giuseppe Gervasi, poeta, scrittore e conduttore televisivo, vive a Riace. Laureato in Giurisprudenza, per qualche anno ha esercitato la professione forense. Ha ideato e condotto diversi format per LaC Tv. Con Laruffa Editore ha pubblicato I tuoi passi lenti… Verso l’origine dell’Amore (2015), Un nuovo suono (2017) e Desiderio (2018). Con Radici Future Produzioni ha pubblicato Riace che Incontra il mare (2019), il suo primo romanzo, e Dietro una porta ho atteso il tuo respiro (2021). A febbraio del 2023 ha dato alle stampe la raccolta di poesie Che non sia l’ultimo, Pace Edizioni. Intensa la sua attività politica, sociale e culturale. È appena stato pubblicato per Vintura “Ho sognato la mia terra”.
«Tra le pagine di questo libro, che paiono sfogliarsi da sole, l’ideale e il reale si confondono fino ad unirsi in una virtù, quella grandiosità umana contenuta nel saper dire “Grazie”, a ciò che è stato, a ciò che rimane ed a chi ricorda», scrive Maria Grazia Carnà.
L’intervista all’autore
“Ho sognato la mia terra” è un libro simile a «un viaggio in macchina, lento come se al posto delle ruote ci fossero i piedi».
«La macchina è solo il mezzo del sogno. Il camminare, il silenzio e l'ascolto sono gli elementi essenziali del viaggio, del mio e del vostro viaggio in una Calabria ai più sconosciuta. Il fine è diventare calabresi autentici...».
Giuseppe Gervasi porta il lettore alla scoperta e alla riscoperta di una terra che ha tanto da offrire agli animi affamati di verità e bellezza.
«Prendo per mano il lettore, chi non può muoversi da casa, chi sogna ancora la sua Terra. La bellezza può salvare il mondo solo se è condivisa, tutto deve essere condiviso in un mondo malato di egoismo».
Da nord a sud della Calabria ogni luogo descritto in queste pagine sembra tornare a vivere, sembra gridare: non lasciarmi morire tra le macerie della storia!
«Ho sentito il grido di dolore, l'eco lontano che ritorna. Spesso si riparte dalle macerie, spesso i luoghi parlano con le loro pietre in apparenza morte e sepolte. Sognare la rinascita di un paese non è vana Utopia, ma è necessario Sognarla insieme. La morte di un luogo/paese è la morte del passato e dei suoi valori. Abbiamo una sola speranza ed è quella di ritrovare la nostra memoria».
Lei parla di “un racconto melodioso di un viaggio in macchina, lento come se al posto delle ruote ci fossero i piedi, in cui il veicolo servirà solo a raggiungere i luoghi del sogno”.
«Ribadisco che la mia macchina è solo il mezzo del sogno. È indispensabile scendere dalle auto e iniziare a camminare per ritrovare se stessi. Solo ritrovando se stessi capiremo gli altri».
Che cosa vuole trasmettere al lettore con questo suo viaggio, stupendamente descritto, che è un viaggio nella storia, un viaggio in un mondo che non c’è più.
«Al lettore vorrei trasmettere le miei emozioni, l'utopia e il sogno di Tommaso Campanella, il pensiero di Gioacchino da Fiore, di Telesio e di tutti i grandi calabresi. Vorrei trasmettere la voce calda del Platano di Curinga, la storia delle Terme romane di Acconia, la speranza di un uomo che nega il suo nome, ma urla il suo essere fragile ma infinitamente forte. Vorrei trasmettere la meraviglia dei luoghi e il loro grido di speranza».
“La vita altro non è che una giungla in cui l’essere umano si perde mentre cerca l’uscita”, si legge. Lei ha rischiato di perdersi? La vita non sempre è buona e bella…
«Ho rischiato di perdermi tante volte, ho rischiato di non ritrovare la luce, anzi più volte mi sono perso. La vita non sempre ti indica la via da seguire. Perdersi è l'unico modo per conoscere la paura. La paura che si trasforma in coraggio e ti riporta all'origine di tutto: ti riporta a casa».
A guidare il suo viaggio è idealmente Corrado Alvaro e altri, e questo la spinge a raccontare la verità su questa misteriosa e meravigliosa terra. Ma la cosa più interessante è quella di averla spogliata da i tanti luoghi comuni e dai troppi pregiudizi che ancora sopravvivono.
«Troppi pregiudizi, troppi luoghi comuni, troppi discorsi del classico "copia incolla". Bisogna conoscere la Calabria, bisogna viverla ed essere obbiettivi. I problemi esistono e vanno affrontati, ma il realismo deve viaggiare con l'idealismo. È l'unico modo per trattenere in nostri figli in Calabria».
Alla fine del suo incantevole viaggio, si è fatto un’idea di quante siano le Calabrie che vivono e sopravvivono nella Calabria?
«Giustamente si parla di Calabrie. La Calabria Grecanica, la Calabria Valdese, la Calabria Arberesce, la Calabria aspra dell'Aspromonte, la Calabria Bizantina, la Calabria fatata dei suoi boschi e la Calabria che punta il cielo dalle sue montagne. Potrei continuare all'infinito… La Calabria deve essere uno specchio che riflette la luce della sua diversità trasformandola in ricchezza infinita».
E allora ora avrà anche pronta una definizione netta e completa di cosa sia oggi la Calabria.
«La Calabria è unica nella sua complessità. È tale deve rimanere, evitando di copiare altri modelli che nulla hanno a che vedere con la nostra storia e memoria. La Calabria se riscopre i suoi valori autentici può tornare ad essere protagonista al centro del Mediterraneo. Può tornare ad essere un faro che illumina l'orizzonte del suo popolo».