Arrivato nella Capitale per studiare e lavorare, il giovane resta profondamente legato alla sua terra, che ispira la sua estetica nostalgica e folkloristica: «Mi mancano tanto la mia famiglia e i nostri luoghi, ma nella mia terra ci sono poche prospettive per me»
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Negli ultimi dieci anni la Calabria ha subito una significativa emorragia demografica, con la perdita di circa 100.000 giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni. Mancanza di opportunità lavorative, assenza di meritocrazia e carenza di prospettive future sono tra i principali motivi della fuga dei nostri cervelli.
Alessandro Ambrosio, giovane studente e aspirante sarto di alta moda, rientra in questa categoria, quella di tutti quei ragazzi costretti a lasciare la propria terra per provare a realizzarsi.
È così che nel 2019, a 18 anni, Alessandro si trasferisce da San Marco Argentano, in provincia di Cosenza, a Roma - una scelta dettata dall’ambizione di costruire una carriera nel settore dell’alto artigianato e dell’alta moda. «Fin dai primi anni del liceo sapevo che volevo studiare moda. Mi sono reso conto presto che avrei avuto più possibilità di trovare lavoro se mi fossi trasferito subito nel “posto giusto”», racconta. Tra le opzioni, Roma e Milano, ha scelto la capitale: «Le offerte formative erano valide, e vivere a Roma era decisamente più economico rispetto a Milano».
Dopo quasi sei anni nella capitale, qual è il bilancio e il grado di soddisfazione per Alessandro? Sogna di rimanerci? Ci pensa un attimo e poi dice: «È una domanda difficile. In questo momento sono qui principalmente per completare gli studi. Il Covid e altre vicissitudini hanno reso il mio percorso di formazione tutt’altro che lineare, ma finalmente sono quasi alla fine».
La vita a Roma: «Ho trovato lavoro, ma non riesco a coprire tutte le spese»
A Roma, dopo qualche vano tentativo, è riuscito a trovare una buona opportunità lavorativa: “Sto facendo uno stage in un atelier dove sto imparando le tecniche di sartoria di alta moda. È un’esperienza preziosa. Una volta conclusi gli studi e il periodo di stage, però, dovrò valutare se rimanere: dipende chiaramente dalle offerte lavorative».
La vita da fuorisede e giovane alle prime armi nel mondo del lavoro è tutt'altro che semplice e richiede grandi sacrifici: «La vita qui è molto costosa, e con lo stipendio da stagista non riesco a coprire tutte le spese. Per ora, dipendo ancora dal supporto economico dei miei genitori. Anche cose semplici, come andare a cena fuori, richiedono una pianificazione attenta. Riesco a pagare l’affitto della mia stanza, circa 450-500 euro, ma è in periferia, anche se fortunatamente vicina alla metro».
Il legame con la sua terra, le poche prospettive che offre
Nonostante la distanza, la Calabria rimane una parte importante della vita di Alessandro: «Sono molto legato alle mie radici e alla mia famiglia. Anche nei miei progetti creativi, traggo spesso ispirazione dalla nostra eredità culturale: storia, luoghi, tradizioni. La Calabria è il principio da cui parte la mia estetica, che è fortemente nostalgica e folkloristica. Un’altra cosa che mi manca tanto della mia terra sono appunto i luoghi, che rimpiango non aver investigato a fondo. Prima o poi dovrò recuperare».
E per il futuro? Alessandro non si vede tornare stabilmente nella sua terra natale, se non per brevi e transitori periodi: «In passato sono tornato quando a Roma faticavo a trovare un lavoro stabile – le opportunità c’erano, ma spesso si trattava solo di prestazioni occasionali – e nel frattempo l’azienda di famiglia aveva bisogno di aiuto. In Calabria ci tornerei sicuramente per sviluppare i miei progetti: a casa ho spazio a disposizione e tutti i miei archivi personali. Tuttavia, non riesco a immaginarmi nella mia terra in modo definitivo.
Non ci sono opportunità nel settore dell’alta moda e dell’alta sartoria, che è il percorso che ho scelto. Oltre a mancare un comparto di questo tipo, manca anche il cliente potenziale, che è principalmente internazionale».
Le alternative, in Calabria, sono poche e non lo entusiasmano: «Potrei lavorare nell’ambito della sartoria maschile, che ancora resiste in alcuni luoghi, ma ha una clientela molto ridotta. Oppure potrei considerare gli atelier di abiti da sposa, ma non è quello che sogno di fare. Queste resterebbero soluzioni di ripiego, da valutare solo se non trovassi nulla di meglio altrove».