L’iniziativa viene portata avanti da un gruppo di ragazzi che hanno dato vita a un giornale che vuole essere «comunità di pensiero», andando oltre i confini locali per parlare a una regione che «non deve essere solo un posto da cui partire»
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Un gruppo di ragazzi si muove, non vuole stare a guardare, crea un luogo aperto dove condividere idee e progetti, immaginando il loro futuro, ma soprattutto il futuro della Calabria, partendo da Stalettì. I ragazzi sono Aurora Fulciniti, Alessio Sestito, Martina Camastra e Salvatore Gentile.
Con Salvatore, studente al V anno del Liceo Classico Galluppi di Catanzaro, parliamo di Logos, la loro creatura.
«Logos è uno spazio aperto e libero, un luogo di confronto e di idee dove scrivere, dibattere e dare voce a temi di vario genere. Abbiamo voluto creare qualcosa che a Stalettì non era mai esistito prima: un punto di incontro tra storia, innovazione e tradizione, un progetto che nasce per il territorio ma guarda oltre, con l’ambizione di lasciare un segno. Logos non è solo un giornale, è una comunità di pensiero, un'opportunità per raccontare e costruire il futuro con uno sguardo consapevole e indipendente».
Aurora, Alessio, Martina e Salvatore sono ragazzi che hanno voglia di fare, di non stare a guardare.
«Siamo ragazzi che condividono la voglia di creare qualcosa di significativo. Siamo un gruppo di giovani (tanti della Consulta Giovanile) accomunati dalla passione per l’informazione autentica, lo scambio di idee e la cultura. Il nostro è un progetto aperto, pronto ad accogliere chiunque voglia contribuire con idee e impegno».
Si parte da Stalettì ma si guarda ben oltre.
«Partiamo da un piccolo borgo, ma vogliamo portare la nostra voce oltre i confini locali. Per farlo, ci impegniamo a creare contenuti che spaziano dalla realtà del territorio a temi di interesse più ampio, legati all’attualità, alla cultura e alla società. Stiamo lavorando per ampliare la nostra rete di collaborazioni, coinvolgere esperti e voci autorevoli, e sfruttare al meglio i canali digitali, come il sito web e i social, per far arrivare il nostro messaggio ovunque. L’obiettivo è costruire un progetto che cresca nel tempo, mantenendo sempre indipendenza e qualità nell’informazione».


La Calabria, una terra dolceamara, e come canta Brunori, una terra «crudele, dove la neve si mescola al miele».
«La Calabria è una terra che ti resta dentro. A volte ti fa arrabbiare, altre ti commuove. È forte, fragile, ruvida e bellissima allo stesso tempo. Probabilmente il suo destino è proprio questo: farti sentire un legame profondo, che non si spezza mai, te lo porti dentro anche se provi a guardare altrove. Brunori Sas, che di questa terra sa raccontare l’anima come pochi, la canta in un modo che ci colpisce dritti al cuore. Per questo, vogliamo raccontare ciò che amiamo della nostra terra: la sua storia millenaria, le tradizioni che resistono nel tempo e la forza della sua gente. E vogliamo raccontarla senza filtri, senza retorica, con amore e verità. Non ci dimentichiamo che conoscere le proprie radici vuol dire comprendere il presente e immaginare il futuro».
Eppure qui c’è tutto. Le opportunità sono tante. Ma noi calabresi non riusciamo a coglierle. E così è ripresa la grande fuga dei giovani.
«Come dicevo prima, la Calabria a volte ti fa arrabbiare. È una terra piena di potenziale, ma spesso bloccata da problemi che sembrano insormontabili. La mancanza di opportunità, il lavoro che non c’è, la sensazione di essere costretti ad andare via per costruirsi un futuro altrove. È frustrante vedere tanti giovani andarsene non perché vogliono, ma perché devono. La Calabria soffre di immobilismo, di promesse non mantenute, di un senso di rassegnazione che avvelena anche chi vorrebbe restare e lottare. Eppure, noi crediamo che valga la pena provarci. Raccontare questa terra significa anche denunciare ciò che non funziona, dare voce a chi resiste e costruire un nuovo modo di guardare al futuro. Perché la Calabria non deve essere solo un posto da cui partire, ma può e deve essere anche un posto in cui restare e cambiare le cose».
Voi perché avete deciso di rimanere qui a vivere?
«Siamo giovani, il nostro futuro è ancora tutto da scrivere. Non so dove ci porterà la vita, ma parlando per me, il mio obiettivo è restare e fare qualcosa di concreto per questa terra. Voglio studiare Giurisprudenza qui, costruire il mio percorso qui e, un giorno, realizzare il mio sogno di diventare magistrato. Non altrove, ma in Calabria. Perché credo che questa regione abbia bisogno di persone che scelgano di restare, di mettersi in gioco e di provare a cambiare le cose dall’interno».
Avrai messo in conto che non tutto è facile qui. Ma è possibile.
«Non è facile, lo so, ma voglio almeno provarci. Sento un forte senso di dovere morale e di giustizia verso questa terra. Per me, la giustizia non è solo una professione, ma un atto di responsabilità, un modo per restituire dignità a una realtà che troppo spesso è segnata da ingiustizie e disuguaglianze. Credo che ogni terra abbia bisogno di chi sceglie di restare, di chi lotta per ciò che è giusto, di chi non si arrende all’idea che nulla possa cambiare. E io voglio essere qui, nel mio posto, a dare il mio contributo, perché se c’è qualcosa che posso fare per questa terra, allora voglio farlo da vicino, non da lontano».


Cosa significa vivere in questo posto bellissimo che è Stalettì?
«Vivere a Stalettì significa vivere ogni giorno una bellezza autentica. Qui il mare e la storia si intrecciano, i panorami ti lasciano senza fiato e la natura è qualcosa di unico. È un posto che ti dà pace, dove tutto ha un ritmo diverso, più vero. Certo, è un piccolo paese, ma forse è proprio questo il bello: qui ci si conosce tutti, ci si sente parte di qualcosa. E più lo vivi, più ti rendi conto che ha un’anima speciale, difficile da trovare altrove».
Voi vi definite un gruppo di ragazzi che credono nella cultura, nel pensiero critico e nella possibilità di dare voce a nuove idee. La Cultura salverà la Calabria?
«La cultura da sola non basta, ma senza cultura restiamo fermi. È quello che ci permette di vedere le cose con occhi diversi, di farci domande, di non accontentarci di come vanno sempre le cose. La Calabria non cambierà da un giorno all’altro, e nessuno verrà a salvarla al posto nostro. Ma la cultura può essere quella scintilla che accende qualcosa dentro, che ti fa capire che esiste un’alternativa, che non tutto è già scritto. Perché il vero problema non è solo ciò che manca, ma il modo in cui spesso ci convinciamo che nulla possa cambiare. Per questo serve un cambiamento radicale della mentalità, la volontà di rompere con l’idea che “qui è sempre stato così”. Forse la cultura da sola non salverà la Calabria, ma può essere il primo passo per chi ha il coraggio di immaginare e costruire qualcosa di nuovo. E già questo è un inizio».