Il popolo albanese, cercando di sfuggire alla persecuzione da parte dei Turchi nei Balcani, navigò verso il sud Italia in cerca di una nuova vita. Ecco un tour da fare nei centri calabresi più belli e particolari
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Tra il XIV e il XV secolo, il popolo albanese, cercando di sfuggire alla persecuzione da parte dei Turchi nei Balcani, navigò verso il sud Italia in cerca di una nuova vita, dando così origine a trenta paesi arbëreshë in Calabria, concentrati soprattutto nella provincia di Cosenza.
Ecco un tour da fare per scoprire quelli più belli e particolari.
Lungro
Lungro, Ungra in arbëreshë, è definita la vera capitale religiosa del rito greco-bizantino, in quanto sede dell’Eparchia a cui paesi arbereshe della provincia fanno riferimento.
Oltre che al rito, sopravvissuto al passare dei secoli, Lungro conserva ancora oggi la lingua e varie tradizioni, che si possono ritrovare soprattutto nelle feste religiose. Tra queste Java e Madhe, ovvero i riti della settimana Santa, e Pashkëvet, i riti della Pasqua.
Cattedrale dell’Eparchia è la chiesa di San Nicola di Mira, costruita inizialmente nel 1721 come chiesa di rito latino, secondo lo stile romanico-barocco per sostituire quella precedente distrutta dal terremoto del 1547. Dopo aver subito numerosi interventi per adattarsi al rito greco-bizantino, nel 1919 divenne Cattedrale dell’Eparchia per volontà di Papa Benedetto XV.
Al suo interno si possono ammirare vari mosaici e icone bizantine, tutte del pittore e mosaicista albanese Josif Droboniku: il mosaico del Pantocrator, che copre l'intera superficie della cupola centrale, di 126 metri quadrati; il mosaico della cappella della Fonte Battesimale; e quello del Giudizio Universale sulla navata centrale. Da non dimenticare anche il mosaico del vasto catino dell'abside, sormontato dal mosaico della Platitera, in cui si riconoscono le figure degli arcangeli Gabriele e Michele, del re Davide e del profeta Isaia.
Un’altra tappa da fare per le vie del paese arbereshe è l'antico palazzo nobiliare del dottor Vincenzino Martino, il quale ospita il museo storico della miniera di salgemma di Lungro, per molti secoli principale miniera di sale della provincia.
L'esposizione è ripartita in nove sale, ognuna intitolata ad una storica galleria della miniera, all’interno delle quali sono esposti indumenti, disegni, foto, oggetti vari e arnesi da lavoro.
Utilizzata fin dall’epoca magno-greca da Sybaris, ma anche da romani e normanni, la miniera diede lustro all’area geografica contribuendo al suo sviluppo e creando un grande commercio di salgemma, che veniva trasportato con i muli. Per le vie del paesino si possono trovare vari monumenti dedicati ai minatori intenti a lavorare nella salina.
Tra le specialità gastronomiche più tradizionali ci sono i dolci al miele, e shtridhëlat me fasule, una pasta lavorata a mano fatta di sola farina, sale e acqua, condita con salsa al pomodoro e fagioli poverelli, piatto tipico di Lungro (foto in basso dal sito dell'amministrazione comunale).
Falconara Albanese
A differenza degli altri paesini di origine arbëreshë, più arroccati, Falconara Albanese è l’unico che si affaccia sul Mar Tirreno, con la sua frazione marina, Torremezzo. Varie le leggende che riguardano il paese, che ancora oggi si raccontano.
Ad esempio quella sulla patrona del luogo, la Madonna del Buonconsiglio, che si festeggia la seconda domenica di settembre. Si dice che sette famiglie albanesi, provenienti da Shkodra (Scutari) e Kruja (Croia), fuggirono dall'Albania intorno al 1492, dopo che la Madonna del Buonconsiglio apparve loro suggerendo di lasciare l’Albania, invasa dai turchi, e di mettersi in mare alla ricerca di un luogho in Italia che potesse ospitarli. Anche se alcuni documenti rinvenuti in epoca recente, testimoniano invece che la venerazione della Madonna del Buon Consiglio a Falconara Albanese iniziò dopo il 1700, e che quindi la legenda delle sette famiglie non è del tutto attendibile.
La circolarità dell’impianto urbano di Falconara Albanese, che deve il suo nome probabilmente al fatto che si praticasse la falconeria, rimanda a quelli di ascendenza orientale, tipici dell’Albania, con uno sviluppo circolare del centro. Ogni rione ha preso il nome da una famiglia importante, da un determinato personaggio o dalla chiesa di quella zona.
Inerpicandosi lungo il centro storico, e percorrendo in tutto 177 gradini, si arriva al Castelluccio, un masso monolitico alto circa cinquanta metri, su cui punto più alto è presente una grande croce in cemento. Qui si trova la chiesetta dedicata alla Madonna dell'Assunta, che viene aperta per la festa dell’Assunzione di Maria, il 15 agosto. Accanto, in un piccolo spazio ricavato nella pietra, si dice rimase lì un eremita, protagonista di una legenda la quale narra che nel caso in cui qualcuno provi ad aprirlo, il Castelluccio crollerà.
La lingua arbëreshë è ancora parlata nel centro, ed è presente il rito greco bizantino, molto particolare, soprattutto nelle cerimonie, come ad esempio il matrimonio, in cui alla fine della celebrazione il prete scaglia un bicchiere per terra: se si rompe, il matrimonio sarà duraturo.
Inoltre è già in atto il percorso per rendere prodotto De.Co., di Denominazione Comunale, il fagiolo bianco di Falconara, che da origine alla pasta e fagioli, tra i piatti tipici del luogo.
San Giorgio Albanese
San Giorgio Albanese è situato su un'altura, tra due valloni di fiumara sul versante settentrionale della Sila Greca. In albanese viene chiamato "Mbuzat", dal nome del condottiero albanese di nome "Busa", che qui condusse i suoi compatrioti durante uno degli esodi nel XV secolo. Anche se alcuni documenti testimoniano che nel punto in cui sorge il paese, già agli inizi del XII secolo vi era traccia di un insediamento abitato.
A San Giorgio Megalomartire, patrono del paese, è dedicata la chiesa risalente al 1712, in stile barocco e divisa in tre navate con capitelli laterali, la quale presenta una tipica cupola in stile bizantino, a cerchi concentrici di tegole.
Ma è durante i festeggiamenti del santo patrono, il 23 aprile, che si può assistere ad un evento tradizionale particolare: l’asta dei galli, che vede gli abitanti della comunità concorrere alla migliore offerta da lasciare al Santo.
Se invece si è curiosi di scoprire qualcosa in più di questa cultura, da visitare sono il Centro Studi per le Minoranze Etniche, che promuove e valorizza il patrimonio culturale arbëreshë; e il piccolo laboratorio sartoriale in cui vengono realizzati costumi tradizionali e delle bambole in costume arbereshe.
All’interno della sala consiliare si trova la pinacoteca di Petrit Ceno, che contiene 11 maestosi dipinti e 8 affreschi del pittore dedicati alla venuta degli albanesi in Italia.
San Giorgio Albanese, inoltre, ospita ogni anno numerosi studenti provenienti da tutto il mondo. Anche Gulìa Urbana, rassegna itinerante dedicata alla street art, è approdata a San Giorgio, per realizzare un’opera fruibile da tutta la comunità. Una multiculturalità che ben si sposa con l’accoglienza che contraddistingue il popolo orginario dell’Albania, anche esso “ospitato” quando arrivò dai Balcani (foto in basso dal sito dell'amministrazione comunale).
Cerzeto
Cerzeto, Qana in albanese, deve probabilmente il suo nome al vocabolo qanë, pialla, per via della conformazione del suo territorio per lo più pianeggiante. Mentre il il toponimo italiano Cerzeto deriva dal termine cerza, quercia in dialetto.
Percorrendo le viuzze del paesino, in cui si possono ammirare alcuni caratteristici portali, si può arrivare fino a Palazzo Andreotti, un edificio del '600 situato nel centro storico appartenuto ai marchesi Andreotti, che rappresenta una testimonianza del patrimonio storico e artistico del territorio.
Ancora più antica è la chiesa di San Giacomo Apostolo, che risale al XVII secolo, intitolata anche ai Santi Pietro e Paolo, Matrice di Cerzeto. La struttura si presenta con una facciata a capanna ad ali ribassate, con tre diversi ingressi costituiti da archi di cui uno centrale in evidenza rispetto agli altri due. È su questo che si trova l’aquila bicipite, emblema dell’Albania.
All’interno del comune ci sono due frazioni: San Giacomo di Cerzeto (Shën Japku) e Cavallerizzo (Kajverici). A San Giacomo si trovano la statua della Madonna del Buon Consiglio di fattura settecentesca, all’interno della chiesa presente, e il museo etnografico albanese. Cavallerizzo invece, facente parte di quella lista di paesi fantasmi della Calabria, non è più abitata dal 2005, quando una frana costrinse la comunità a lasciare il centro abitato, per trasferirsi nella nuova Cavallerizzo poco distante.
Per chi non vuole lasciarsi sfuggire l’occasione di provare qualcosa di tipico da mangiare, due tradizionali ricette golose sono il pane impastato insieme al miele di fichi, e Kasitelje, piccoli dolci a forma di mezzaluna dal ripieno di mostarda, marmellata di castagne o ricotta.
San Benedetto Ullano
San Benedetto Ullano (Shën Benedhiti) è situato ai piedi del colle Sant’Elia, i cui primi insediamenti risalgono agli ultimi decenni del XII secolo, quando l'area faceva parte del feudo dei duchi Normanni di Montalto Uffugo.
L’arrivo degli albanesi diede vita, tre secoli più tardi, ad un importante aumento della popolazione e a una corrispondente crescita economica.
Il nome pare derivare dalla presenza sul territorio del convento benedettino fondato nell'area intorno all’XI secolo, mentre l’aggiunta Ullano si ebbe in un secondo momento storico, preso dal termine greco ulimos, boscoso. Sul territorio montano di San Benedetto, infatti, si possono vedere paesaggi in cui si susseguono castagni, cerri e faggi secolari, che soprattutto in inverno acquisoscono una varietà di colorazioni che rendono ancora più interessante la già suggestiva veduta, che in inverno talvolta si presenta anche innevata.
Una delle zone in cui ammirare tali fenomeni, o dove rimanere “freschi” d’estate, è Laghicello, un piccolo lago naturale tra la Serra Pantalonata e il Cozzo Cervello, rientranti nell’area dell’Appennino Paolano. Completamente immerso in un bosco di faggi, in un contesto naturalistico che lascia stupiti, è facilmente raggiungibile sia dal paese stesso, che dalla vicina Lattarico, che da Fuscaldo, località tirrenica in cui Laghicello ricade anche in parte.
Da vedere la cappella dedicata alla Madonna del Buon Consiglio, della famiglia nobile dell’epoca Rodotà dei Coronei, risalente ai primi decenni del 1770. Qui è visibile un forte contrasto tra l’altare di forma quadrata, caratterizzato da quattro colonne in stile tipicamente bizantino, e la balaustra dell'altare visibilemente latina.
Il centro storico, oltre che essere caratterizzato dalle tipiche gjitonie, che danno vita ai vari rioni, è abbellito da archi e imponenti portali settecenteschi, sui quali non è raro trovare degli stemmi. La loro particolare bellezza ha dato vita a “Porte Narranti”, un progetto di museo diffuso in cui protagoniste sono le antiche porte del centro storico decorate da artisti, ognuna delle quali riproduce un tema collegato alla storia e alle origini di San Benedetto.