VIDEO | Un tempo uno dei maggiori centri del Reggino, oggi è il comune più piccolo del comprensorio villese. Cantato dal suo figlio più illustre, ne custodisce la casa natale e il ricordo: a lui sono dedicati una via, una piazza e un museo. Il nostro racconto per la rubrica tg "Le parole dei luoghi"
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Come tessere di un puzzle, si incastrano le une nelle altre, da San Pietro su fino a Borgo Croce. Fiumara è una costellazione di frazioni, senza un vero e proprio centro né una vera e propria periferia. Un conglomerato di case e chiese che disegnano una sagoma frastagliata tra l’Aspromonte e lo Stretto di Messina.
Ogni frazione ha il suo volto e la sua storia. Un passato spesso chiuso a chiave dietro a porte che non si aprono da anni o urlato senza voce da finestre divelte, sfondate, violate dall’incuria del tempo.
Rione Terra è il nucleo storico. Vi si arriva a piedi da una stradina che passa in mezzo a ciò che resta delle vecchie case in pietra. Hanno i numeri civici, anche se non hanno più imposte e neppure, a volte, i tetti. La vita di qui passa una volta all’anno, in occasione del presepe vivente che nel periodo natalizio richiama centinaia di visitatori e che ha trasformato quelle che una volta erano abitazioni nelle botteghe artigiane del tempo della Natività. È qui che si trovano alcuni tra gli edifici più rappresentativi di Fiumara: la chiesa dell’Immacolata, il palazzo dei Catalani e i ruderi del castello dei Ruffo.
Una storia, quella di Fiumara, che affonda le radici tra il IX e il X secolo, quando i profughi dell'antica Cene (nel territorio oggi di Villa San Giovanni), scappando dalle incursioni dei saraceni qui fondarono Cenisio, che diventò poi Fiumara dei Mori o delle Mura e poi Fiumara di Muro. Dal Medioevo fu il centro dell'amministrazione feudale della zona tra Cannitello e Catona.
Ma ciò che ha fatto conoscere questo lembo di Calabria anche lontano da qui è storia recente. Note e parole. Soprattutto, una voce. Quella del suo figlio più famoso, Mino Reitano, che alla sua “Gente di Fiumara” ha dedicato una canzone. E quella gente non lo ha mai dimenticato. Portano il suo nome la via che conduce all’interno del paese e la piazza nella frazione San Pietro, a pochi passi dalla casa natia e dal museo che racconta vita e carriera del cantautore venuto al mondo quaggiù il 7 dicembre 1944 e scomparso nel 2009 ad Agrate Brianza, dove da tempo si era trasferito.
Nella piazza, quello di Mino Reitano non è solo un nome: è una presenza che emana da ogni angolo, dagli evocativi disegni tutt’intorno ai gradini della scala con i titoli dei brani più noti.
Fiumara è racconto di racconti, una e molteplice. Ha un volto scomposto, a tratti tagliente, multiforme come quelli delle donne di Picasso dipinte sulla facciata di una casa, in un’altra piazza immersa nel chiasso dei colori che accendono di vita nuova la frazione in cima al paese. Si chiama Croce, ma è una delizia per gli occhi e non solo. Qui, sguardo e cuore si allargano per accogliere la gioia che proviene da ogni vicolo stretto tra pareti variopinte e giocose.
È il posto più vivace di Fiumara. Per anni dimenticato e sopraffatto da uno spopolamento che appariva ormai inesorabile. Fino a quando alcune persone cresciute qui hanno deciso di sfidare la rassegnazione e il baratro che avevano davanti. Per averla vinta, nel 2020 si sono armate di pennelli e barattoli di vernice, hanno unito le loro forze e le loro idee e realizzato una piccola meraviglia: Borgo Croce. Un paese nel paese dove, avverte un cartello, «i bambini giocano ancora per strada». Come Piero che, indossata la maschera di Spiderman, corre inseguito da suo nonno. L’emblema della vita che torna a germogliare laddove il terreno sembrava ormai sterile.
Con i suoi poco più di 800 abitanti, Fiumara si tiene aggrappata a questo spicchio di mondo. Un tempo uno dei centri più grandi e sviluppati del Reggino, oggi è il più piccolo comune del comprensorio villese. Un paese che è un campo di battaglia su cui si consuma la feroce lotta quotidiana tra l’abbandono e la rinascita, tra chi ha preferito chiudersi alle spalle i ricordi, lasciando che il tempo ne facesse brandelli, e chi, invece, ha deciso di imbracciare i colori.