In piazza Tommaso Campanella è il campanile a dettare il tempo alla vita del paese. C'è la gelateria e il negozio di souvenir di fronte. Un gruppetto di persone se ne sta seduto a chiacchierare ai tavolini all'aperto, prima che ognuna prenda la propria strada. C'è chi passa, portando le buste della spesa, chi saluta e poi sparisce tra i vicoli, chi arriva con un mazzo di fiori che porta in chiesa.

L'antico edificio religioso domina la scena dall'alto della sua scalinata e della sua imponenza, con il magnifico rosone a sedici raggi che si apre come un grande occhio. È la chiesa di Santa Maria della Consolazione, il duomo di Altomonte.

Suona la campana, partorendo il silenzio: i negozi chiudono, la piazza si svuota, tutti sono a casa. 

È un luogo che ha avuto tante identità questo: prima Balbia – così era conosciuto in epoca romana – poi Brahalla - “benedizione di Dio” in arabo – e ancora Altoflumen per diventare infine, attorno alla metà del 1300, Altomonte.

Il duomo è un raro e magnifico esempio di architettura gotico-angioina in Calabria. Ma l'arte, qui, impregna ogni cosa.

Nella stessa piazza, annessa alla chiesa di Santa Maria, è un'altra struttura: un tempo monastero dei domenicani, fondato nel 1400, oggi ospita il Museo civico in cui sono custoditi, tra le altre cose, capolavori del '300 toscano.

Sono solo alcuni dei monumenti che punteggiano il ricchissimo centro storico, con i suoi antichi palazzi e le sue splendide chiese, e poi il teatro Belluscio, il castello normanno e la Torre dei Pallotta.

È luogo di mescolanze Altomonte, testimonianza del valore della contaminazione tra culture. Ai suoi confini 9 paesi diversi per nome e tradizioni, i cui effluvi si diffondono fin qui: richiami orientali e arbereshe che si ricompongono in qualcosa di nuovo e unico.

Giocano a intrecciarsi anche storia e natura, il fascino del Medioevo con un paesaggio che è esso stesso contaminazione. Dalla sua posizione, Altomonte riesce infatti ad abbracciare un mix di panorami differenti: da una parte i monti del Pollino e dell'Orsomarso, dall'altra la Valle dell'Esaro e in lontananza la Piana di Sibari e il Mar Ionio.

Ma questo paese del Cosentino ha anche una forte tradizione gastronomica legata alla terra e ai sapori contadini: paste fatte in casa, minestre di verdure e i tipici peperoni zafarani cruschi. Soprattutto, è tra le città del pane e qui si tiene infatti la Festa del pane, uno degli appuntamenti più caratteristici e attesi dell'anno.

Fiori coloratissimi punteggiano le strade, spuntando nelle piazze e sui balconi. Un ulteriore invito, per chi arriva, ad addentrarsi tra le vie che si aprono qua e là alla scoperta di tutte le sfumature di un centro storico che è riuscito a proiettarsi nel presente e nel futuro, pur mantenendo fede al passato e ai suoi antichi sapori.