In Italia, ad oggi, mancano all'appello dell'anagrafe canina almeno 2 milioni di cani, di cui 1,5 milioni localizzati in sole 5 regioni del centro sud: Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Lazio. In particolare, a preoccupare nel 2022 è il numero dei cani vaganti che in tutta la Penisola oscilla tra 700 e 400mila e quello dei cani randagi (senza proprietari che li rivendicano) tra 350 e 200mila. È quanto emerge dal XII rapporto nazionale di Legambiente 'Animali in città 2023' sulle performance 2022 dei Comuni e delle Aziende sanitarie nella gestione degli animali nelle città italiane reso noto in occasione della Giornata internazionale del cane randagio.

La mancanza di monitoraggio, di regolamentazione e controlli restano i principali talloni d'Achille sui cui Amministrazioni comunali e Asl devono lavorare, secondo l'associazione ambientalista. Presentando il rapporto, Legambiente ha rilanciato tre proposte: potenziare l'approccio One Health, arrivare ad assumere a tempo indeterminato 10.000 veterinari pubblici in servizio entro il 2030, rendere pienamente operativo in tutte le regioni d'Italia il Sistema Informativo nazionale degli Animali da Compagnia (Sinac)" - alias anagrafe unica nazionale obbligatoria per tutti gli animali d'affezione - fondamentale per prevedere, organizzare e correttamente fornire i necessari servizi ai cittadini.

Ai questionari inviati da Legambiente, hanno risposto in modo completo 552 Amministrazioni comunali su 7.904 totali e 38 Aziende sanitarie su 112 totali. Il dato complessivo che emerge è che il 39,5% tra le Amministrazioni comunali (più di una su tre) e il 94,7% tra le Aziende sanitarie (più di nove su dieci) hanno raggiunto performance almeno sufficienti rispetto al complesso dei 36 indicatori utilizzati per i Comuni e 25 per le Aziende sanitarie.

Di fronte a una crescente spesa pubblica italiana del settore - che nel 2022 è stata pari a 229 milioni di euro (+ 5% rispetto al 2021) di cui 181 milioni in capo ai Comuni (3,1 euro/cittadino) e 48 milioni alle Aziende sanitarie (0,82 euro/cittadino) - non ne corrisponde una gestione efficiente. Una spesa pubblica che equivale a circa 6 volte la somma impegnata per la gestione di tutti i 24 Parchi nazionali e addirittura a 30 volte la somma impegnata per la gestione di tutte le 27 Aree marine protette. Solo il 43,8% delle Amministrazioni comunali che ha fornito dati dichiara di conoscere con esattezza i numeri delle strutture dedicate agli animali d'affezione presenti sul territorio (tra le quali rientrano anche i canili rifugio). Percentuale che cala al 40% per quel che riguarda la conoscenza delle colonie feline.

Ancora più bassa la soglia dei Comuni che hanno dichiarato di avere spazi aperti dedicati agli animali d'affezione (solo il 37%) con differenziazioni tra nord e sud. Solo il 41,8% dei Comuni (231 su 552) dichiara di conoscere il numero complessivo dei cani iscritti in anagrafe canina nel proprio territorio, pari ad 1.176.322 cani. Percentuale che cala al 39,3% per quel che riguarda la consapevolezza delle nuove iscrizioni avvenute nell'anno 2022, pari a 70.128 cani. Solo il 7,4% dei Comuni ha regolamentato possibili agevolazioni fiscali per le adozioni dei cani e appena il 6% quelli che hanno previsto regolamenti con agevolazioni o oneri fiscali per il controllo delle popolazioni. Quanto alla sterilizzazione, nonostante un leggero incremento rispetto al 2021 del 3%, solo il 50% delle Aziende sanitarie ha dichiarato di aver effettuato azioni di prevenzione, con la sterilizzazione di 4.881 cani (il 18% rispetto ai cani dichiarati entrati nei canili sanitari) e 21.042 gatti (circa il 14% di quelli presenti nei gattili sanitari o nelle colonie feline, nelle quali oltre 130.000 gatti risultano non sterilizzati).

Infine, per quel che riguarda i controlli, meno di 1 Comune su 2 (il 42,9%) ha effettuato specifici controlli e solo il 53,6% dichiara di aver dotato il proprio personale di lettore microchip. Di questi, ne risultano in totale 491, ossia in media 1,7 per ciascuna delle 296 Amministrazioni comunali che li hanno dichiarati.