Ad un anno dalla strage avvenuta Genova che spezzò la vita di 43 persone, uno studio americano rivela che le cause del cedimento non sarebbero da attribuire solo alle deformazioni strutturali dell'opera
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C’è un’importante novità che arriva da uno studio del Jet propulsion laboratory di Pasadena sul crollo del Ponte Morandi, avvenuto un anno fa a Genova. A riferirlo il Consiglio nazionale dei geologi che dichiara come «nel dossier si dimostra come la struttura abbia iniziato a deformarsi quattro anni prima del cedimento e che negli ultimi mesi prima del crollo le deformazioni siano aumentate. Una causa che sarebbe innanzitutto geologica e poi strutturale». «Lo studio, al quale ha partecipato anche un geologo italiano del ministero dell’Ambiente pone il dubbio che la tragedia, forse, si sarebbe potuta evitare». afferma Domenico Angelone, tesoriere del Consiglio nazionale dei geologi.
«Alla luce del documento si evidenzia come il ruolo del geologo - dichiara Angelone - sia fondamentale nell’analisi delle condizioni geologiche e geomorfologiche delle aree destinate ad ospitare opere infrastrutturali, come nel caso del ponte Morandi di Genova. Un terreno morfologicamente fragile - prosegue Angelone - dal momento che, tra il marzo 2017 e agosto 2018, aveva già subito delle deformazioni strutturali per motivazioni legate al sottosuolo, in particolare sotto alla pila che poi è crollata, la numero 9».
«Oggi è possibile sapere che la struttura del viadotto fosse fragile, ma non si può dire con certezza se il disastro si sarebbe potuto evitare. Sicuramente - conclude - il lavoro del geologo sarebbe stato cruciale in precedenza - e non soltanto dopo il cedimento - al fine di verificare le condizioni morfologiche del terreno sul quale poggiava il viadotto” conclude il geologo molisano».
«Toninelli ha reclutato ingegneri ma non geologi»
Dello stesso parere anche Francesco Peduto, presidente del Consiglio nazionale dei geologi che sottolinea la crucialità del lavoro del geologo: «Già in passato abbiamo evidenziato che circa il 90 per cento delle problematiche legate alle infrastrutture italiane sono determinate non da fattori strutturali, ma da criticità idrogeologiche, come ad esempio il crollo del ponte sul Rio Santa Lucia tra Cagliari e Capoterra» spiega Peduto che critica anche l’iniziativa dello scorso anno avanzata dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli di reclutare solo ingegneri per controllare e verificare lo stato delle infrastrutture del Paese. «Un’iniziativa che poteva essere encomiabile – dice il Presidente Cng – ma l’unica figura del professionista ingegnere non può essere esaustiva per la verifica della sicurezza delle opere pubbliche. In tal senso andrebbe conferita maggiore importanza al ruolo del geologo per attuare, in maniera compiuta ed efficace, azioni volte alla mitigazione dei rischi ambientali in tutte le fasi legate al settore della costruzione comprese quelle della corretta manutenzione» conclude Peduto.