Per gli autori dei post incriminati potrebbe configurarsi il reato di attentato alla libertà del capo dello Stato, offesa all'onore a e al prestigio del presidente della Repubblica
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39 profili corrispondenti ad altrettanti utenti residenti in tutta Italia sono finiti sotto la lente d'ingrandimento della Procura di Palermo. L'inchiesta è stata aperta in seguito all'ondata di insulti e minacce all'indirizzo del Presidente della Repubblica nel giugno scorso, scatenata dalla decisione di affidare a Carlo Cottarelli l'incarico di formare il governo. La Digos è sulle tracce dei titolari degli account, alcuni dei quali sono già stati identificati.
Tra le minacce e gli insulti di quei giorni, i più odiosi facevano riferimento a una pagina particolarmente triste della vita del presidente Mattarella e dell'intero paese. L'omicidio del fratello Piersanti, ucciso il 6 gennaio del 1980 da Cosa Nostra durante il suo mandato di presidente della regione Sicilia.
Per quelle parole oltraggiose, nello scorso giugno, i primi a finire nel registro degli indagati furono Manlio Cassarà, palermitano, che aveva postato "hanno ucciso il fratello sbagliato", riferendosi proprio all'omicidio di Piersanti Mattarella. E ancora Michele Calabrese, autore di un post analogo, e Eloisa Zanrosso che aveva scritto "ti hanno ammazzato il fratello, non ti basta?".
I pm titolari dell'inchiesta, l'aggiunto Marzia Sabella e il sostituto Gery Ferrara, ipotizzano il reato di
attentato alla libertà del presidente della Repubblica, offesa all'onore a e al prestigio del presidente della Repubblica, puniti con pene fino a 15 anni di reclusione. Non è esclusa anche l'ipotesi di istigazione a delinquere.