A una settimana dalle Europee la lite tra gli alleati ha raggiunto livelli esplosivi. Il Carroccio si scontra con il presidente Conte sulla vicenda della Sea Watch. Luigi Di Maio: «Salvini come Matteo Renzi»
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Ad una settimana dalle Europee, il Governo mostra una profonda spaccatura politica che lascia pensare ad un’instabilità sempre più prossima alla rottura.
Matteo Salvini parte all'attacco del premier Giuseppe Conte sulla vicenda della Sea Watch, la nave della Ong tedesca bloccata a 15 miglia da Lampedusa dopo aver soccorso 65 persone e ribadisce il suo no a qualsiasi apertura dei porti: «Non c'è presidente del Consiglio o ministro Cinquestelle che tenga, in Italia i trafficanti di esseri umani non arrivano più».
Immediata la replica dell'altro vicepremier Luigi di Maio: «La sua arroganza ricorda quella di Renzi, di uomini soli al comando ne abbiamo già avuti e non ne sentiamo la mancanza».
E il presidente del Consiglio rilancia alle provocazioni da parte del leader del Carroccio: «Conte non partecipa alla competizione elettorale e non si lascia certo coinvolgere nella dialettica che la sta caratterizzando. Piuttosto invita tutti i ministri a mantenere toni adatti a chi rappresenta le istituzioni. Il Presidente del Consiglio non dà e non ha mai dato ordini. Come previsto dall'art. 95 della Carta dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Coordina l'attività di tutti i ministri, nessuno escluso».
I dossier più caldi: decreti sicurezza e famiglia
Lo scontro si fa più duro soprattutto sui decreti della sicurezza e della famiglia, tanto che Luigi Di Maio tiene a sottolineare che «su questo decreto si gioca il destino e la tenuta del governo. Vedo ostruzionismo non costruzionismo». «Spero non ci siano rotture - evidenzia - ma se mi si impedisce, come ministro del Lavoro, di fare un decreto sulla famiglia, allora il tema non è l'oggetto dell'iniziativa M5S. Qui si vuole andare sempre e comunque contro il Movimento e quello che fa».
Lunedì è previsto il Consiglio dei Ministri. Il decreto sicurezza «dovrà essere all'ordine del giorno del prossimo Consiglio dei ministri». È quanto ribadiscono fonti del Viminale sottolineando che il provvedimento è pronto: «I tecnici hanno limato gli ultimi aspetti, il testo è solido, ragionevole e necessario».
Gli insulti al leader del Carroccio
La tensione politica tra i due principali partiti del Paese, M5S e Lega, trascina con sé un vento di insulti che si riversano in questo particolare periodo sul leader del Carroccio Matteo Salvini, definito come «un pugile suonato, un opportunista».
Il decreto legge sulla Sicurezza, il nuovo provvedimento che il ministro leghista ha partorito da pochi giorni e che vorrebbe approvato prima del voto, lo giudicano «incostituzionale, sconclusionato, pieno di errori».
Il copione si ripete da mesi: il Movimento 5 Stelle attacca Matteo Salvini additandolo di ostentata «onnipotenza» e Luigi Di Maio lo definisce «arrogante come Renzi», che sfocia in «una prepotenza che aumenta soprattutto sul tema immigrazione, quando la Lega è in difficoltà sugli scandali di corruzione».
Ma Salvini è anche «un folle», almeno «se pensa che possa restare sottosegretario un condannato per spese pazze in un governo con il Movimento 5 Stelle», alludendo alla bufera giudiziaria sul leghista Armando Siri e alla prossima imminente sentenza sul caso di peculato del sottosegretario leghista alle Infrastrutture, Edoardo Rixi, sentenza prevista per il 30 maggio, richiesta della Procura 3 anni e 4 mesi di carcere.
Non è finita qui: Salvini è anche uno che non lavora perche per il M5S «passa più tempo nelle piazze ed è un desaparecido nel suo ministero, i 5 Stelle governano, mentre Salvini comunica».
È anche «schizofrenico» Salvini, altra bordata che viene dai pentastellati: «Le sue ultime dichiarazioni denotano una imbarazzante schizofrenia politica: nel caso della nave Diciotti per Salvini andava benissimo la gestione collegiale da parte del governo, ora sostiene che nessuno deve dargli ordini. Sull' immigrazione il governo non ha mai cambiato linea. Ci vuole senso di responsabilità per governare, sempre, non opportunismo»