Circa 370 gli abitanti di Gaza rimasti uccisi dall'offensiva lanciata in risposta, civili palestinesi scrivono sulle chat Telegram che i bombardamenti sono costanti e non c’è elettricità
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Dopo l’inaspettato e violento attacco ad Israele, che ha lasciati attoniti cittadini, forze di sicurezza, vertici militari, sevizi segreti e tutto il globo, il primo ministro Benyamin Netanyahu durante la convocazione serale d’urgenza a Tel Aviv, presso il quartier generale dell’Idf ha dichiarato: «Cittadini dello Stato di Israele, siamo in guerra. Non un’operazione, non un’escalation, ma in guerra. Siamo in guerra e vinceremo».
Difatti nella giornata di ieri durante la festa ebraica di Simchat Torah e nella ricorrenza della guerra del Kippur che cadeva proprio il 6 ottobre 1973, durante la celebrazione dello Yom Kippur (la festa dell’espiazione per gli ebrei), in cui Egitto e Siria attaccarono Israele per tentare di recuperare i territori persi del Sinai, gli inviolabili confini israeliani sono stati assaltati e bucati dai miliziani di Hamas.
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Definito da contatti militari e civili in loco il giorno peggiore per gli israeliani da 50 anni, il risveglio del popolo non è mai stato così traumatico. Da subito ci si è accorti che non si trattava dei soliti attacchi e che quello che stava accadendo poteva spingersi oltre. «Sembrava un film, non era una fiction, era reale quello che vivevamo» riferiscono alcuni testimoni.
Si parla di circa 600 morti, oltre 2000 feriti e 750 dispersi in territorio israeliano. L’ex capo del Mossad alla Cnn ha dichiarato: «Non abbiamo ricevuto nessun alert e quello che è successo oggi è stata una completa sorpresa». Oltre 3000 i missili lanciati, ma l’attacco non è stato casuale, ed era stato ampiamente programmato nell’anno precedente.
Il tutto non solo combaciava con la data storica della guerra del Kippur, ma è avvenuto in prossimità della firma per la stabilizzazione del Medio Oriente con l’Arabia Saudita che era prossima a sottoscrivere gli “Accordi di Abramo” già firmati il 15 settembre 2020 tra il ministro degli Esteri degli Eau (Emirati Arabi Uniti) Abdullah bin Zayed al Nahyan, il ministro degli esteri del Bahrein Abdullatif bin Rashid al Zayani, dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dal primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu. Accordi che, per semplificare, prevedono la stabilizzazione del Medio Oriente e la collaborazione economica e non solo tra paesi civili. Tutto quello che il mondo spera per una civile convivenza.
Così come risulta fastidioso l’avvicinamento tra il re del Marocco Mohammed VI e il primo Ministro Benyamin Netanyahu, che ha riconosciuto la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale. Ad Iran, Hezbollah, Hamas e numerose altre sigle terroristiche, questa stabilizzazione non va giù, perché non avrebbero più motivo di creare destabilizzazione e l’odio profuso non avrebbe giustificazione. Israele si è mobilitato per la guerra ed ha promesso una vendetta senza precedenti.
Da ieri ci si chiede come sia stata possibile la creazione di una falla così grande, e le risposte da chi adesso sta combattendo in loco, arrivano per vie traverse: «Mesi di organizzazione e sabotaggi, e hackeraggi operati da professionisti probabilmente esteri. Gli uomini di Hamas non sono improvvisati, sono mesi che vengono addestrati quasi sicuramente dall’Iran nel Sinai», dice una fonte in loco e la conferma viene dal portavoce di Hamas che ringrazia ufficialmente l’Iran per il supporto.
Una guerriglia militare organizzata come nelle migliori tradizioni militari che ha saputo lanciare un attacco senza precedenti attraverso il confine, fino ad oggi inviolato, di Gaza. Migliaia di razzi lanciati e attacchi via terra, mare e aria.
Come la tecnica del parapendio che sfugge ai radar, ma che era già stata utilizzata con poco successo 11 anni fa e questo solo perché allora ci si improvvisava, mentre adesso si è perfettamente addestrati.
Centinaia di israeliani sono stati presi in ostaggio in diversi insediamenti al confine e portati a Gaza, ma anche decine e decine di giovani provenienti da altre parti del mondo per partecipare alla festa della musica pacifista che sono spariti o morti, come Shani Louk, cittadina tedesca di 30 anni che si era recata al Festival tenutosi vicino al confine con Gaza e tragicamente stuprata, uccisa con un colpo in testa e portata in giro per le vie di Gaza come un trofeo mezza nuda, dove si sputava addosso al corpo ormai inerme.
Ma dopo il primo attacco Israele non ha tardato la risposta. Tutti i riservisti, di ogni grado ed età sono stati chiamati e anche dall’estero sono ritornati immediatamente senza battere ciglio. E pensare che fino a pochi giorni fa centinaia di migliaia di oppositori al governo di Netanyahu manifestavano per le strade per l’abolizione alla riserva, per chiedere il diritto di non farne parte pensando di non averne bisogno, ma appena tutto si è scatenato in migliaia si sono presentati rispondendo immediatamente all’appello lanciato.
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Almeno 370 abitanti di Gaza sono stati uccisi negli attacchi di risposta e vi sarebbero 1700 feriti ma il numero è probabilmente aumentato. Come sempre accade, gli abitanti vengono avvistai di lasciare il territorio per gli imminenti attacchi, ma quelli che fuggono devono poi scontrarsi con la realtà del ritorno.
Cosa è accaduto
Il maggiore Nir Dinar dell’Idf ha dichiarato: «Questo è un numero che non abbiamo mai visto prima. La cattura di ostaggi israeliani è stata insopportabile e terribile. Non abbiamo mai visto comunità attorno alla barriera di Gaza infiltrate. Non in questo modo prima d’ora. Hamas ha appena deciso di entrare in guerra e pagherà un prezzo enorme».
Spiegando come l’organizzazione terroristica abbia operato l’invasione via aria, via terra e via mare e sia riuscita a distruggere parti della recinzione di confine con esplosivi. Organizzato come guerriglia armata stile Da’ash o Isis (che è la stessa cosa) guidando motociclette e pickup all’interno del varco per arrivare nelle basi militari, negli insediamenti e nei kibbutz, utilizzando deltaplani dalle alture di Gaza per lanciarsi in territorio israeliano. Senza contare gli attacchi hacker esterni che in questo periodo di addestramento, hanno sabotato alcuni sistemi.
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«A dire il vero – continua il maggiore - entrare in una base militare o in una comunità non è così difficile. Ciò che doveva essere difficile era sfondare la recinzione. Abbiamo investito milioni di dollari in una forte recinzione e in un muro sotterraneo che impedisse loro la costruzione di un tunnel, ma hanno trovato una via d’uscita».
Sderot una tra le città più colpite. Il vice capo di Hamas Saleh al-Arouri intervistato da Al Jazeera ha affermato che il gruppo ha preso abbastanza prigionieri da costringere Israele a liberare tutti quelli palestinesi. Ci sono ancora ostaggi nel kibbutz Barì al confine con Gaza, quelli tenuti nella città israeliana di Ofakim sono stati tratti in salvo. I terroristi di Hamas sono stati eliminati dai combattenti dell'unità speciale di antiterrorismo della Polizia Yamam.
Cosa accade oggi
Stamane è stato reso noto il punto della situazione stabilito dal gabinetto di sicurezza israeliano riunitosi ieri sera d’urgenza. Le decisioni operative sono e saranno volte a provocare la distruzione delle capacità militari e governative dell'organizzazione terroristica di Hamas e dell'organizzazione terroristica del Jihad Islamico. È guerra aperta ad Hamas e al Jihad Islamico. L’America dichiara appoggio incondizionato ad Israele.
Hamas ha affermato di aver lanciato una battaglia a tutto campo fatta di onore, resistenza e dignità per difendere la moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme. Il tutto come conseguenza di una serie di attacchi e incursioni contro i fedeli palestinesi nel luogo sacro.
Nella sua rappresaglia, Israele ha affermato di aver colpito il quartier generale militare, i complessi e altri obiettivi di Hamas. I civili palestinesi scrivono sulle chat Telegram che a Gaza i bombardamenti sono costanti e che non c’è elettricità dopo che Israele ha interrotto la fornitura di energia.
Hamas rivendica l’attacco a ben 25 località vicino a Gaza e adesso Israele corre ai ripari.
Come si muove il mondo Islamico
A Teheran i festeggiamenti sono andati ad oltranza, fino a tarda notte, così come Hezbollah in Libano che ha bloccato per strada i mezzi dei caschi blue di Un, per le strade dello Yemen centinaia di migliaia di manifestanti, sostenitori degli Houthi, si sono mobilitati per mostrare sostegno alla Palestina, con immagini di bandiere israeliane e statunitensi bruciate.
In Iraq il presidente ha dichiarato la sua vicinanza al popolo palestinese. Dal suo canto l’Arabia Saudita chiede la fine della violenza e l’Egitto invocava la massima moderazione come la Turchia, anche se adesso il presidente Abdel Fattah al-Sisi dovrà giustificare la morte di due turisti israeliani operata da un poliziotto egiziano. Mentre i talebani dichiarano: «Conquisteremo Gerusalemme se i Paesi del Medio Oriente ci concederanno il passaggio in Israele».
La televisione di stato iraniana ha mostrato i parlamentari che si alzavano dalle loro sedie per cantare “Morte a Israele”. Mentre molti attendono la reazione di Hezbollah, il gruppo terroristico libanese ha aperto un fronte su Israele dal sud dell’antica Fenicia affermando di essere in contatto diretto e costante con la leadership della resistenza palestinese.
La guerra è ancora all’inizio.