Il ruolo centrale dell’alto prelato che gestisce la transizione. Amministrare, organizzare, parlare al mondo: questi i compiti del traghettatore che a volte diventa pontefice come accadde nel caso di Eugenio Pacelli
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Quando un Papa muore, il mondo si ferma. Le campane di San Pietro suonano a morto, i fedeli trattengono il fiato. Ma nel cuore del Vaticano, un uomo entra in scena senza clamore. È il Camerlengo, il cardinale che tiene insieme la Chiesa in un momento di vuoto. Con la sede vacante inauguratasi ieri con la morte di Papa Francesco, quell’uomo è Kevin J. Farrell, un irlando-americano con il peso della storia sulle spalle.
Un custode nell’ombra
Il Camerlengo non comanda, non decide il futuro della Chiesa. È un custode, un traghettatore. Quando il Papa non c’è più, per morte o rinuncia, tocca a lui accertare il decesso con un rito antico, chiudere gli appartamenti pontifici, spezzare l’Anello del Pescatore con un piccolo martello. Ogni gesto è un sigillo sul passato, un passo verso il futuro. Gestisce i conti del Vaticano, paga gli stipendi, tiene la macchina in moto. Ma il suo compito più grande è il Conclave: preparare la Cappella Sistina, garantire segretezza, coordinare l’arrivo dei cardinali da ogni angolo del mondo. È un lavoro di precisione, fatto di dettagli che nessuno vede, ma che tutti sentono.
Chi lo sceglie?
Nessun voto, nessuna campagna. Il Camerlengo è scelto dal Papa, con un decreto. Il mandato dura cinque anni, ma può essere rinnovato. Se il Camerlengo muore o non può agire durante la sede vacante, i cardinali si riuniscono e ne nominano uno temporaneo, con un voto segreto e rapido, come prevede la Universi Dominici Gregis, la bussola della Chiesa in questi momenti. È un sistema che funziona da secoli, oliato dalla tradizione.
Radici antiche
Il Camerlengo nasce nel XII secolo, quando la Chiesa era un mosaico di terre e tesori. Era l’uomo delle finanze, il guardiano delle casse papali. Oggi, il suo ruolo è meno terreno, ma non meno cruciale. La Universi Dominici Gregis del 1996 gli dà regole chiare: amministrare, organizzare, aspettare. È il ponte tra un Papa e l’altro, il garante di una transizione senza intoppi.
Da Camerlengo a Papa
Non è una regola, ma a volte il Camerlengo diventa qualcosa di più. Eugenio Pacelli, per esempio, era Camerlengo dal 1935, sotto Pio XI. Quando il Papa morì, organizzò il Conclave del 1939 e venne eletto lui, come Pio XII. Stessa sorte qualche anno prima per Gioacchino Pecci, Camerlengo nel 1877, che un anno dopo salì al soglio con il nome di Leone XIII. Non succede spesso, ma quando un Camerlengo diventa Papa, è come se la storia strizzasse l’occhio: l’uomo che custodisce il passaggio, a volte, è chiamato a guidare.
Kevin Farrell, chi è oggi il Camerlengo
Chi è il Camerlengo oggi? Kevin Farrell, 77 anni, nato a Dublino, con un cuore diviso tra l’Irlanda e gli Stati Uniti. Francesco lo ha scelto nel 2019, vedendo in lui un cardinale pratico, lontano dai riflettori dopo la scomparsa di Jean-Louis Pierre Tauran. È il Prefetto del Dicastero per la Famiglia e la Vita, il più alto prelato statunitense in Vaticano. Ora, con la notizia della morte di Papa Francesco che ancora ci stringe il cuore, Farrell è al lavoro. Prepara il Conclave, tiene in ordine il Vaticano, gestisce la complessa macchina organizzativa delle esequie pontificali.
Un ruolo che parla al mondo
In un’epoca di caos, il Camerlengo ci ricorda che anche le istituzioni più antiche sanno adattarsi. Farrell probabilmente non sarà mai Papa, non avrà statue. Ma il suo lavoro è il cemento che tiene unita la Chiesa. Mentre il mondo guarda a Roma, in attesa di un nuovo Pontefice, c’è un uomo che, in silenzio, fa la sua parte. Enorme parte.