Mentre l'esercito israeliano afferma di avere il pieno controllo del confine con Gaza la popolazione palestinese è allo stremo e sta abbandonando le proprie case migrando verso l'Egitto ma al confine potrebbe trovare il valico di Rafah chiuso
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Mentre l'esercito israeliano afferma di avere il pieno controllo del confine con Gaza, sarebbero 187mila i palestinesi che stanno abbandonando le proprie case per trovare rifugio nelle costruzioni di Un o al confine con l’Egitto, che teme un’invasione di profughi e che forse anche per questo ha chiuso "sine die" il valico di Rafah al confine con la Striscia di Gaza.
Il completo assedio di Gaza, avvertono le Nazioni Unite è una violazione dei diritti umani. La popolazione è allo stremo e sta pagando per le colpe di gruppi di fondamentalisti e terroristi che sapevano bene quali sarebbero state le reazioni e le azioni di Israele dopo un attacco così folle e duro. Come ogni attacco mirato Israele avvisa la popolazione e questa volta è perentorio: «Lasciate Gaza, andate in Egitto».
Così la Terra del Nilo si attende un’ondata di profughi da dover gestire. I palestinesi sarebbero infatti diretti verso l’Egitto attraverso il valico di Rafah. Valico che, come accennato, sembrerebbe chiuso a causa di possibili raid aerei vicino al lato palestinese. A dirlo il portavoce del Ministero degli Interni palestinese Said Abu Ali Fatah che sulla sua pagina web ha dichiarato che l'amministrazione egiziana del valico di Rafah ha informato, a sua volta, l’amministrazione del valico dal lato palestinese di evacuare immediatamente il passo a causa di possibili bombardamenti.
Secondo fonti del Governatorato Egiziano alla Bbc, ci sarebbero dei possibili rischi di bombardamento accanto al valico dal lato palestinese e qualcuno sarebbe già avvenuto nelle vicinanze del passo. Ma potrebbe essere anche probabile che si cerchi di rallentare la fuga dei profughi verso l’Egitto. Sembrerebbe infatti che l'Egitto abbia chiuso il valico di Rafah a tempo indeterminato e, prima di ciò, tre fonti di sicurezza egiziane e un testimone avrebbero detto che oggi c’è stato un raid vicino al valico di frontiera di Rafah tra la Striscia di Gaza e il Sinai.
Nella giornata di oggi il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha confermato che l'Egitto segue con interesse gli sviluppi della situazione nella Regione e in Palestina, sottolineando che l'attuale escalation è molto pericolosa e potrebbe avere serie ripercussioni e compromettere la sicurezza e la stabilità del Paese stesso. Non a caso il valico ad ora sembra chiuso a tempo indeterminato.
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L'Egitto starebbe intensificando i suoi contatti a tutti i livelli per fermare l'attuale ciclo di scontri, risparmiare il sangue del popolo palestinese e proteggere i civili sia sul lato palestinese che su quello israeliano: «L'Egitto conferma che una pace giusta e globale, basata sulla soluzione dei due Stati, è la via per raggiungere una sicurezza reale e sostenibile per il popolo palestinese, e che l'Egitto non abbandona i suoi impegni riguardo alle questioni arabe, in particolare la questione palestinese».
Migliaia di civili che fino ad oggi hanno solo chiesto di essere riconosciuti come entità nazionale stanno pagando lo scotto causato da realtà terroristiche come Hamas, che è riuscito ad affiliare e fidelizzare migliaia e migliaia di giovani senza speranza dietro una “bandiera” che dava loro e alle loro famiglie qualcosa di cui vivere e in cui sperare. Sostituendosi allo “Stato” che avrebbe dovuto esserci ma che non c’è mai stato per politiche discutibili.
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Il portavoce principale di Israele, Daniel Hagari, ha affermato che l’aeronautica militare effettua attacchi su Gaza ogni quattro ore, consigliando ai palestinesi di lasciare le proprie case.
A seguito di queste dichiarazioni, il portavoce delle Brigate al Qassam Abu Ubaidah alle 14 ore locali ha dichiarato: «In risposta al crimine del nemico di sfollare il nostro popolo e di costringerlo ad abbandonare le proprie case in diverse aree della Striscia di Gaza, diamo ai residenti della città occupata di Ashkelon un termine per lasciare la città entro le cinque di questa sera. Siete avvisati!».
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Hamas annuncia che non avvierà alcun negoziato sugli ostaggi finché Israele non avrà smesso di combattere e minaccia l’uccisione di ognuno di loro per ogni palazzo colpito a Gaza. Scudi umani, macerie, follia jihadista e troppe, troppe richieste inascoltate dal 1948.
Quello di Hamas non è stato solo un atto “suicida”, ma sta rischiando di mandare in fumo anni di trattative per la stabilizzazione del Medio Oriente. Prossimo alla firma era un altro Paese sunnita, l’Arabia Saudita, che tra le condizioni poste in essere e non trattabili per avere la firma, aveva inserito la necessità di più diritti e riconoscimenti per i palestinesi. Una firma che senza troppa violenza stava portando anche ai palestinesi qualcosa che aspettavano da tempo. Ma di queste richieste e di questi patti di Abramo, probabilmente neppure sapevano l’esistenza.
Ad oggi il sogno di una normalizzazione sembra sfumare, perché l’Arabia Saudita, attraverso il suo principe ereditario Mohammed bin Salman ha parlato al telefono con il presidente palestinese Mahmoud Abbas e ha fatto sapere: «Siamo dalla parte del popolo palestinese per far valere i suoi diritti, una vita dignitosa, la realizzazione delle sue speranze e aspirazioni, per raggiungere una pace giusta e duratura».
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Gli analisti affermano che l’escalation del conflitto ha inferto un duro colpo ai colloqui di normalizzazione. In una dichiarazione rilasciata sabato dopo l’attacco di Hamas, l’Arabia Saudita ha ritenuto Israele responsabile dell’escalation, affermando di aver lanciato ripetuti avvertimenti sul pericolo di una possibile degenerazione della situazione legata non solo alla continua occupazione e alla privazione del popolo palestinese dei suoi diritti legittimi, ma anche alla ripetizione di provocazioni sistematiche.
E mentre Hamas chiama a riunione tutti i fratelli musulmani per lottare con la Palestina, si evince che la religione possa essere solo un pretesto, ma che la guerra non è solo contro Israele, ma potrebbe anche essere contro l’Occidente stesso.
Gli scontri continuano ininterrotti e la promessa di Hamas di bombardare Ashkelon alle 17 ore locali nostre ore 16 non si è fatta attendere. Allo scoccare preciso del minuto le sirene hanno risuonato su tutta la fascia vicino la Striscia di Gaza. La “zona cuscinetto” in cui si trovano le città, gli insediamenti e i kibbutz che sono stati attaccati è destinata a non avere vita facile per i prossimi periodi. A breve dovrebbe essere effettuata una completa evacuazione e a restare dovrebbero essere solo militari e giornalisti.