Esonero contributivo al 100% ma solo per chi ha un contratto a tempo indeterminato e almeno tre figli (per il 2024 rientra anche chi ne ha due di cui il più piccolo minore di 10 anni). Dopo la pubblicazione della circolare Inps infuria la polemica
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“E noi a tempo determinato? I figli li abbiamo anche noi!”. “Noi mamme autonome dobbiamo anche pagarci i contributi da sole, sarebbe stato un bell’aiuto/incentivo. Peccato”. “Ho tre figli e un contratto a tempo determinato: io non ho dato un aiuto alla natalità della nazione come dice Meloni?”. “Si aiuta chi ha già un contratto a tempo indeterminato e delle garanzie. Come al solito facciamo tutto al contrario”. “Chi ha solo un figlio è sempre discriminato”.
È ai nastri di partenza e già fa discutere, e molto, il Bonus mamme introdotto dal Governo con la legge di bilancio. Sono tanti, alcuni più pacati e altri meno, i commenti che si susseguono sui social dopo la pubblicazione sul sito dell’Inps della circolare con le modalità operative per poterne usufruire. Proprio sotto la pagina Facebook Inps per la Famiglia sono in tante a chiedere spiegazioni e in alcuni casi a protestare. Con il social media manager dell’Istituto nazionale della previdenza sociale “costretto” da stamattina a digitare sotto tantissimi commenti di questo tenore la risposta: “Comprendiamo il suo sfogo ma come sicuramente saprà Inps eroga prestazioni e servizi in base alla normativa vigente. Ci dispiace”.
Chi può accedere al Bonus mamme
Ma facciamo un passo indietro, perché il Bonus mamme di madri lavoratrici ne ha lasciate tante scontente e deluse? Sostanzialmente, a poterne usufruire sarà solo una fetta, ossia le mamme che hanno almeno tre figli (di cui il più piccolo con un’età inferiore a 18 anni) e un contratto a tempo indeterminato. Per il 2024, in via sperimentale, il bonus è attribuito anche a chi di figli ne ha due, di cui il più piccolo con un’età inferiore a 10 anni. Nel 2025 e nel 2026, invece – spiega la circolare Inps -, il beneficio è assegnato dalla nascita del terzo figlio e si conclude con il compimento del diciottesimo anno dell’ultimo figlio.
L’agevolazione riguarda tutte le dipendenti del settore pubblico e privato (anche agricolo, in somministrazione e in apprendistato) con contratto a tempo indeterminato. Sono escluse, invece, le lavoratrici domestiche – dunque anche colf e badanti.
Il Bonus mamme consiste nell’esonero al 100% dal versamento dei contributi, fino a un massimo di 3.000 euro annui da riparametrare su base mensile. Tutto questo si tradurrà in buste paga più “pesanti”. I contributi, spiega Inps alla domanda di un utente, saranno comunque considerati come versati e non ci saranno penalizzazioni a livello pensionistico. Per accedere al bonus, la donna lavoratrice può comunicare al proprio datore di lavoro il numero di figli e il loro codice fiscale.
Tante escluse e scoppia polemica
Grande delusione per le mamme che aspettavano il Bonus e hanno scoperto di non rientrare nei requisiti stabiliti dalla legge. Resta fuori chi ha un contratto a tempo determinato o partita iva, chi ha un figlio solo o due di età superiore ai dieci anni. Sul web si cerca anche di sdrammatizzare con qualche meme sulle mamme lavoratrici rimaste a bocca asciutta, ma a predominare è la rabbia. E a essere in disaccordo con requisiti ritenuti troppo stringenti c’è anche chi, tempo indeterminato alla mano e tre figli, quel Bonus se lo godrà. Qualche voce dal lato del Governo e delle sue scelte c'è pure ed è quella di sostiene che «non è discriminazione, è un incentivo volto a favorire le nascite che in Italia sono in crisi preoccupante - sostiene una donna tra i commenti della pagina Inps -. Inoltre chi ha più figli ha maggiori spese di chi ha un figlio solo...»