L’inefficace Piano di rientro ha le sue responsabilità ma vanno condivise con la gigantesca corruzione che ne ha reso necessaria l’applicazione. Gli ospedali reggono grazie ai medici cubani ma i pazienti continuano a curarsi al Nord e il rischio è che tra poco potranno farsi curare soltanto i ricchi
Tutti gli articoli di Editoriali
PHOTO
Otto milioni mai spesi e una sala operatoria ferma da 15 anni: a San Marco Argentano l’ospedale è morto per inerzia. A Vibo arriva un ospedale da campo, come per i terremotati. A Catanzaro sono 70 i bambini che attendono di essere visitati per l'accertamento dei Dsa.
Rogliano chiude per due anni per interventi urgenti. Decine di notizie di questo tipo si leggono sulle pagine di LaC News24. L’impressione è che il sistema sanitario stia saltando.
Il manager Santo Gioffrè, colui che scoprì i doppi pagamenti delle fatture all’Asp di Reggio, lo dice espressamente: «La sanità pubblica in Calabria sta morendo, potranno curarsi soltanto i ricchi».
E c’è anche l’allarme medici di famiglia, in Calabria tra 2023 e 2024 sono 504 i sanitari di base che sono andati o andranno in pensione. Ne mancheranno molti all’appello.
Il servizio sanitario regionale già da anni non riesce più a garantire a tutti l'assistenza. E le conseguenze sono drammatiche. Senza sanità efficiente, molti scappano e nessuno ritorna. I 15 anni di commissariamento, in via di conclusione, non hanno risolto alcun problema.
Il sistema è entrato profondamente in crisi. E oltre ai ritardi delle istituzioni e alla mancanza di seria programmazione, una grande colpa è da ricercarsi nella corruzione. Almeno dieci miliardi di euro il furto perpetrato ai danni delle casse della sanità calabrese, per come ricorda Santo Gioffrè, dal sistema dei doppi pagamenti andati avanti a partire almeno dal 2005. Si è rubato a mani basse e il buco nei conti ha prodotto il Piano di rientro e quindi la consequenziale desertificazione. Agli inizi dello scorso decennio abbiamo visto chiudere dalla regione 15 piccoli ospedali, senza rafforzare e potenziare quelli rimasti. Un disastro! Immediatamente sono state bloccate le assunzioni. Ora manca personale in tutte le strutture.
La sanità calabrese sopravvive grazie all’impiego di circa 370 medici cubani. Senza di loro il sistema sarebbe già crollato definitivamente.
Ci stiamo giocando una partita drammatica, in una regione in cui si muore nelle ambulanze, si muore perché non arrivano le ambulanze e se arrivano sono senza medico a bordo. La rete ospedaliera non è più adeguata, manca tutto.
Per fortuna ci sono delle eccellenze, strutture che funzionano, servizi di alta qualità. Eppure tantissimi pazienti vanno a curarsi al centro-nord. Una grande buona notizia arriva dall’Università della Calabria che in prospettiva rappresenta una risposta e una speranza in un settore che sta soffocando, basti guardare al fatto che alcuni scienziati di fama internazionale hanno deciso di venire in Calabria. Invertendo per la prima volta la tendenza alla fuga dei cervelli. Nascerà un grande nuovo ospedale e l’università formerà nuovi medici.
Davanti a questo quadro, emerge l’inadeguatezza delle classi dirigenti che negli anni si sono dimostrate del tutto prive di idee e progetti. Ma era proprio su questi temi che bisognava trovare l’unità di intenti, perché sulla sanità non doveva prevalere la logica della lacerazione o della contrapposizione. Perché la salute non ha e non può avere un colore politico. Basta con le menzogne e le falsità. Basta con il teatrino delle illusioni. Rimbocchiamoci tutti, ma proprio tutti, le maniche e ridiamo una speranza alla Calabria. Perché non è assolutamente accettabile che di salute si possa morire!