Nonostante le omissioni e sottovalutazioni che la Procura di Crotone dovrà accertare, nonostante le gaffe dei ministri e le incongruenze nelle ricostruzioni, Mattarella e i calabresi hanno tenuta alta la reputazione dell’Italia. Giorgia Meloni doveva venire a Cutro prima: ora ha il dovere morale di dare una svolta netta alle politiche del Governo in tema di soccorso e accoglienza (ASCOLTA L'AUDIO)
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Dalla strage di Steccato di Cutro possiamo trarre una lezione di grande umanità e civiltà che ci richiama al nostro orgoglio di essere calabresi. La strage pesa sulle coscienze dell’Italia e dell’Europa, ma pesa ancor di più per la reazione dei crotonesi e dei calabresi, che non si sono lavati le mani come hanno fatto alcuni esponenti di Governo e parti dello Stato. Per fortuna il Presidente Mattarella e il lavoro incessante dello Stato che ha cuore e polmoni ci ricorda chi siamo, da dove veniamo e dove la nostra umanità ci deve portare.
Mattarella ha fatto un gesto silenzioso, pesante, politico: qualcuno sostiene – a ragione – che si sia caricato sulle spalle il peso della reputazione dell’Italia nel mondo, reputazione che stava andando a picco insieme a quella maledetta carretta del mare finita nella secca di Steccato di Cutro. Lo stesso hanno fatto i calabresi: con la mobilitazione generale a sostegno delle donne, dei bambini, degli uomini naufragati in quella spiaggia si sono fatti carico dell’umanità e dell’onore dell’Italia intera.
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Umanità è una parola abusata, eppure è da lì che dobbiamo ripartire. Quelli che con sprezzo altrove sono chiamati vu cumprà da noi si chiamano cugini. I migranti sono nostri parenti, per noi calabresi chi fugge dalla guerra e dall’orrore è un parente, è qualcuno da accogliere, qualcuno da piangere.
L’umanità è nello strazio di quei carabinieri che invano hanno tentato di rianimare il bambino affogato nella secca di Cutro. L’umanità è nella rabbia e nel dolore profondo di una terra, la Calabria, che si è stretta subito attorno ai superstiti, che pur essendo per molti versi terra povera e amara ha dato vita negli anni alle più belle esperienze di accoglienza e integrazione.
Una delle attestazioni d’affetto più struggenti è la messa a disposizione da parte di tanti calabresi dei loculi di famiglia per la sepoltura di quei corpi. Questo si fa con i genitori, con i figli, con i fratelli e le sorelle. Perché per tanti calabresi chi muore nelle nostre coste per inseguire una vita dignitosa è “famiglia”.
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L’umanità passa dalla fornitura di cibo e alloggi dignitosi dove stare, dall’aiuto nelle procedure con il ricongiungimento con i familiari, dal riconoscimento dei corpi a una degna sepoltura, dall’accettazione delle diverse culture e decisioni, da una carezza per i sopravvissuti, dal sostegno psicologico. In tutto questo la Calabria e i calabresi hanno dato lezione a tutti. Bisogna rivendicarlo che il termine “famiglia calabrese” per noi è un orgoglio, l’esatto contrario di clan mafioso, perché vuole dire cuore, rabbia e sudore di chi sa cosa significa essere respinti e reietti per condizione sociale e provenienza geografica.
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Umanità è dare un nome a chi non c’è più
KR46M0 è un numero impresso in una bara: 46 ci dice che è la quarantaseiesima vittima, lo zero ci dice che si tratta di un bimbo non aveva neppure un anno. Le storie dei bambini morti e di tutti coloro che non potranno essere ricordati meritano di avere un nome. Se nessuno riuscirà a dare un nome a questi esseri umani, dovremo darglielo noi: adottiamoli in morte, non avendo avuto il tempo di adottarli in vita.
Umanità è rispondere alla domanda: potevano essere salvati?
La Procura di Crotone ha aperto un’inchiesta, che in ultima analisi dovrà rispondere a una sola domanda: potevano essere salvati? E questa domanda ne sottende altre.
Le condizioni tragiche del barcone in quel mare sono state sottovalutate?
C’è una responsabilità nel mancato allarme e quindi nel mancato soccorso?
Qual è stato il ruolo esercitato da Guardia Costiera e Guardia di Finanza quella notte?
Qual è la verità sulle motovedette uscite in mare per intervenire? Sono uscite e rientrate per le avverse condizioni? Perché non sono state mandate navi adatte a reggere le operazioni del mare?
Chi doveva attivare tempestivamente la Guardia Costiera e Guardia di finanza per un intervento di soccorso in mare?
Cosa non ha funzionato nella catena di comando e quindi nella catena di (tempestivo) soccorso?
Ancora: vista la situazione politica, viste le accuse continue di alcuni politici che mettono sotto accusa chi porta i migranti a terra, la sottovalutazione del pericolo incorso dagli occupanti di quel barcone è anche frutto della paura di uscire in mare per evitare polemiche e attacchi?
Piantedosi non è stato all’altezza, Salvini non ha spiegato
Piantedosi sarà stato un grande prefetto, ma come Ministro dell’Interno non è stato all’altezza della situazione. Per lui “la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli”. Avrebbe dovuto dire: stiamo cercando di capire cosa non ha funzionato nella macchina dei soccorsi, se dopo la segnalazione di Frontex le motovedette italiane avrebbero potuto intervenire in tempo per evitare la perdita di vite umane. Il ministro che non sa cosa significa scappare dalla guerra, dalle torture, dagli stupri, non ha dato nulla di più di dichiarazioni scomposte. L’altro ministro, Matteo Salvini, si è trincerato dietro un generico “chi attacca la Guardia costiera o è ignorante o in malafede”, ma non ha spiegato cosa sia successo quella notte. Verità è l’unica cosa che chiediamo.
Meloni: un errore non venire subito a Cutro nonostante la “toppa” del Cdm
Giorgia Meloni avrebbe dovuto venire a Cutro subito. Il fatto che abbia annunciato ieri una prossima riunione del Consiglio dei ministri nel luogo della tragedia ha il sapore di una “toppa” più di tipo mediatico che sostanziale. Il Presidente del Consiglio dichiara: «Mi chiedo se in questa nazione ci sia davvero qualcuno che in coscienza ritiene che il governo volutamente abbia fatto morire oltre 60 persone tra cui bambini».
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La domanda è sbagliata. Quella giusta è: quanto le omissioni, le sottovalutazioni, il clima politico sfavorevole allo sbarco di migranti, hanno inciso sui mancati e tempestivi soccorsi?
Chiudo con le parole del Contrammiraglio in pensione Vittorio Alessandro, ex portavoce del Comando generale delle Capitanerie di Porto: “Noi siamo reduci da anni in cui, di fatto, il soccorso è diventata l’ultima cosa da fare. Meglio evitarlo. Questo lo hanno capito le navi, lo hanno capito i pescherecci. L’unico a non capirlo sono i volontari delle Ong che continuano a fare i soccorsi e si beccano bastonate e sanzioni”.
Ecco, Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni. Venga a Cutro per spiegare a tutti che per noi italiani e per tutti gli esseri umani il soccorso non è l’ultima, ma è la prima cosa da fare.