Nonostante il numero di presenze sia buono, a parità di turisti il gettito Iva è inferiore rispetto ad altre regioni: «Il problema è la mancanza di un'offerta chiara e caratterizzata». A incidere sono anche i servizi di trasporto insufficienti
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Sebbene l'estate prometta un colpo di coda nei prossimi giorni, la fine di settembre è tradizionalmente tempo di bilanci per la stagione turistica. Com’è andata in Calabria? Secondo le stime della Confesercenti abbiamo avuto 1,7 milioni di arrivi e circa 8 milioni di pernottamenti. Una volta consolidati i numeri di settembre, alla fine dovremmo arrivare a due milioni di arrivi totali e circa 10 milioni di pernottamenti. Un dato che è in linea con quello dello scorso anno.
Troppo? Poco? Dipende – dice Dino De Santo, operatore da oltre trent’anni sul mercato e componente della giunta nazionale sul turismo della stessa Confesercenti – se ci interessano i numeri o il giro d’affari. Il ragionamento è semplice: se guardiamo i numeri potrebbero essere soddisfacenti, ma se guardiamo il gettito Iva prodotto dal turismo in Calabria i valori sono molto bassi a parità di presenze rispetto ad altre regioni. Questo significa che per rendere attrattiva la Calabria molti operatori fanno un grande ricorso alla scontistica che viene applicata, in alcuni casi, anche nei periodi clou.
Circostanza testimoniata anche dal fatto che la maggior parte delle vendite di pacchetti turistici rientra nel famoso “last minute”. «Questo è indice – dice De Santo – che la Calabria spesso è scelta residuale. Se uno non trova soluzioni in Campania o Puglia allora magari decide di venire qui. Non siamo la prima scelta perché abbiamo un problema evidente: la gente non riesce a collocarci turisticamente e viene come soluzione di ripiego».
In effetti una recente indagine di Coldiretti dice che a settembre sono stati quasi dieci milioni gli italiani che hanno deciso di andare in ferie a settembre anche a causa dei prezzi decisamente più bassi. Possibile che nessuno o pochi abbiano scelto la Calabria? Eppure il mare di settembre è stupendo e, come accaduto in maniera clamorosa quest'anno, le temperature sono estive.
Il punto, spiega ancora De Santo, è come portare i turisti in Calabria. «Negli aeroporti calabresi arrivano principalmente voli charter che portano i turisti nel Tropeano, nel Soveratese e ad Isola Capo Rizzuto e poi ci sono voli low cost. Il problema è che le compagnie low cost non consentono agli operatori turistici di bloccare i posti per piccoli gruppi, che so… di dieci persone. Per cui se vogliamo sviluppare altre realtà turistiche abbiamo un problema: non abbiamo abbastanza persone per riempire un charter, le compagnie low cost non ci permettono di prenotare i voli per piccoli gruppi di persone. Come facciamo a far conoscere le bellezze nascoste della Calabria?».
Una delegazione di operatori del settore ha già incontrato l’amministratore unico di Sacal, Mario Franchini, che si è mostrato attento e ben consapevole del problema. Si sta pensando ad un accordo, ad uno strumento flessibile con le compagnie di bandiera tipo Lufthansa, Iberia, Ita per permettere agli operatori turistici calabresi di prenotare anche per piccoli gruppi.
Una volta arrivati i turisti, però, c’è il problema di portarli nei posti che vogliono visitare. E anche questo non è facile. «Tornando al ragionamento di prima – continua De Santo – il problema della Calabria al di là degli spot è quella di definire una nostra identità turistica. I consumatori hanno chiara l’offerta turistica della Puglia o della Sardegna, molto meno quella della Calabria. Noi abbiamo tre parchi nazionali, non possiamo essere solo mare, c’è anche la montagna, i nostri borghi. Ma come arriva un turista dall’aeroporto di Lamezia ad Altomonte?».
In realtà il presidente della giunta regionale, Roberto Occhiuto, ci aveva pensato con la legge che assegnava 200 licenze Ncc a Ferrovie della Calabria. La legge però è stata bloccata dal Governo. «Al di là di questo – ricorda De Santo – c’è anche un problema serio: mancano autisti in tutta Italia. La pandemia ha spinto molti di loro a cambiare mestiere e adesso c’è carenza di queste figure professionali. La Regione aveva pensato di ovviare al problema chiedendo alle aziende del Tpl di svolgere anche la funzione di trasporto turistico, ma non ha funzionato bene e soprattutto ha avuto costi insostenibili».
Gli operatori su questo hanno avuto un confronto molto serrato con l’assessore regionale ai Trasporti, Emma Staine. Ne è venuto fuori un bando per le linee turistiche al quale hanno aderito nove aziende che hanno garantito tre percorsi e 27 corse. «Il bando verrà riproposto e speriamo che aumenteranno le adesioni da parte delle aziende di trasporto. Certamente è molto positivo il fatto che si è separato il trasporto pubblico locale da quello turistico. Resta il problema della mobilità interna dei turisti perché se vogliamo sviluppare i turismi e puntare sui borghi servono iniziative e investimenti mirati. Le faccio un esempio: tutti sanno che il turismo in Sardegna è alto spendente come si dice in termine tecnico. Allora chi arriva con la barca sull’isola vuole dei servizi, come il deliveroo a bordo. Bene, la Regione ha fatto un bando che prevede finanziamenti a chi offre questo servizio. In Umbria il turismo è soprattutto religioso e ambientale, hanno fatto massicci investimenti sull’ambiente e sul turismo sostenibile. Ma se noi non definiamo la nostra identità turistica è difficile sviluppare il settore in maniera industriale».
Questo processo, però, non può non passare da un confronto con gli operatori del settore. L’ex assessore regionale al Turismo, Fausto Orsomarso, aveva organizzato gli stati generali del turismo ma gli operatori hanno potuto ascoltare piuttosto che parlare. Anche la legge regionale sul turismo prevede un parlamentino del turismo composto dalla Regione e tutti gli attori del settore. È rimasto solo sulla carta, però, non è mai stato convocato. «Mi pare che ultimamente il dialogo con le istituzioni stia decisamente migliorando – conclude De Santo – noi vogliamo solo esprimere i nostri punti di vista e le nostre esigenze, poi è chiaro che tocca alla politica decidere. Ma spero che il confronto sia sempre più serrato per il bene di tutti perché il turismo non può essere improvvisato, è un’industria vera e propria con le sue regole. Gli spot da soli non bastano». Ammesso che dei tanti spot prodotti dalla Regione qualcuno lo si riesca anche a vedere.