Carenza di collegamenti ferroviari e di infrastrutture. La mobilità ferroviaria al Sud è da sempre problematica e le differenze tra regioni in termini di dotazione di trasporto su ferro restano. Quando si parla di alta velocità di fa riferimento a quella parte di Italia che va da Salerno in su e il Meridione sconta un'arretratezza di almeno 20 anni.

In un contesto del genere sarà certamente difficile recuperare in tempi brevi e nel frattempo la distanza socioeconomica tra le due parti del Paese continua ad aumentare. Ne è convinto anche Roberto Di Maria, ingegnere civile esperto di trasporti, da anni osservatore attento delle grandi opere che nemmeno sui fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza ripone fiducia: «Il Pnrr destina alle infrastrutture il 13% del totale quindi una cifra molto bassa: 25,3 miliardi su più di 210. Già è minimo l'importo per le infrastrutture ma il problema è soprattutto un altro: le somme sono distribuite in modo non uniforme con il 40% al Sud e la restante parte al Nord. In realtà il Pnrr è fatto per equilibrare le disparità tra Nord e Sud ma se destiniamo i fondi alle due parti del Paese in proporzione alla popolazione, non abbiamo risolto nulla. Ad esempio, non si permette alla rete siciliana quantomeno di avvicinarsi alle prestazioni della rete del Centro Nord».

Divario tra Nord e Sud

Dunque l'impostazione data al Pnrr non solo non cambia la situazione ma rischia persino di peggiorarla anche per il tipo di infrastrutture che si andranno a realizzare al Sud. «Sappiamo che non sono infrastrutture ad alta velocità – spiega di Maria - perchè per esempio la dorsale Messina–Catania-Palermo è progettata a 160/170 km orari di velocità quando l'alta velocità è superiore ai 250 ed è stabilmente sui 300 km orari nel resto del Paese. Stessa cosa avverrà con molta probabilità per la Battipaglia – Reggio Calabria per la quale il Pnrr prevede soltanto i primi lotti, non tutto l'asse. Per cui non soltanto non avremo linee ad alta velocità ma ne avremo soltanto una parte, nella fattispecie il Pnrr per la Calabria si ferma a Cosenza e quindi si prevede solo il tratto Salerno–Tarsia». Le differenze tra le due parti della penisola si andranno quindi ad accentuare: «Questo mi preoccupa molto perchè così facendo il Pnrr non viene utilizzato per quello per cui è stato creato: risollevare le sorti dell'area più critica rispetto al resto del Paese».

Servizi ai pendolari carenti

Le cose non cambiano di molto se si sposta l'attenzione poi sul servizio dedicato ai pendolari: «Uno dei problemi da risolvere resta quello della linea costiera ionica che è ancora a binario unico e non elettrificata, dunque con tempi di trasporto che sono quelli che sono. Il processo di elettrificazione procede molto a rilento. Sulla costa tirrenica le cose vanno un po' meglio ma il problema cruciale riguarda le linee interne delle quali nessuno sembra sapere nulla. La Calabria avrebbe un patrimonio di ferrovie secondarie, come ad esempio la Catanzaro – Cosenza, che avrebbero dovuto essere inserite in un piano di recupero per il trasporto pubblico locale. Invece sappiamo che il Pnrr non prevede somme per queste ferrovie».

In generale dunque il quadro è tutt'altro che roseo: «Non sono assolutamente ottimista – conclude l'esperto siciliano - perchè vedo che ci si è soffermati sulle linee principali, tra l'altro con un approccio che non le porta ai livelli delle linee più performanti ad alta velocità, dimenticando completamente le ferrovie secondarie. Per cui le tratte interne della Calabria, come quelle che passano per la Sila, rimarranno nelle condizioni in cui sono, continueranno a fornire un servizio piuttosto obsoleto e, se si continua così, prossimo alla chiusura».