Territorio, enoturismo, valorizzazione delle radici identitarie, produzioni di grande qualità: queste le parole d’ordine della Calabria al Vinitaly 2025. «Un’annata da record», ha commentato l’assessore all’Agricoltura Gianluca Gallo, per quanto concerne la dimensione della superficie espositiva, il numero di aziende partecipanti, l’afflusso segnalato dagli operatori. Ma l’aspetto più importante, che già nell’edizione dello scorso anno aveva segnato i primi significativi passi, è la crescita di attenzione per l’enorme patrimonio storico-culturale di cui questa regione antichissima dispone.

Se n’è discusso nel corso di diversi appuntamenti ed il motto “Dove tutto è cominciato” è stato messo in evidenza anche da autorevoli ospiti. La Calabria, con la civiltà enotria, già diversi secoli prima della colonizzazione ellenica, aveva al centro della propria vita economico-sociale il vino. Testimonianze archeologiche indiscutibili, nonché i numerosi riferimenti letterari e storiografici, parlano di una regione che, a partire dalla Sibaritide, diede centralità al vino, all’olio e ai cereali.

Con la Magna Grecia e poi con l’Età Romana le produzioni vitivinicole e agroalimentari raggiunsero vette riconosciute d’eccellenza. Già nel secondo millennio avanti Cristo, con gli Enotri e i loro centri abitati collinari, la Calabria era in contatto diretto o indiretto con altre civiltà del Mediterraneo (Minoici, Micenei, Fenici…), alimentando un continuo scambio euroasiatico di informazioni, saperi, tecniche, stili di vita e materiale genetico. Un’eredità ancora oggi evidente e spendibile di questa realtà così nobile verte sulla disponibilità di molti vitigni autoctoni che hanno maturato lo stesso esaltante cammino delle antiche cultivar di olive.

Un patrimonio enorme di biodiversità generato da fattori geografici ed ambientali connessi a quelli dell’apporto umano. L’orografia, il clima, la posizione geografica della Calabria hanno costruito ecosistemi unici e di particolare pregio, capaci di esaltare, soprattutto in termini qualitativi e organolettici, le produzioni agroalimentari e quindi anche vitivinicole. Dai rossi ai bianchi, dai rosati ai passiti… La proposta delle circa 80 cantine che hanno partecipato alla collettiva organizzata da Regione e Arsac è stata molto articolata.

Dalle aziende più grandi a quelle piccole, tutte hanno dimostrato di aver recepito la necessità di esaltare i territori di riferimento. Gaglioppo, Magliocco dolce, Magliocco Canino, Greco bianco, Pecorello… I vitigni autoctoni continuano a stupire per la loro duttilità e forza espressiva, anche alla luce di conoscenze agronomiche ed enologiche sempre più all’avanguardia. Né si può trascurare il successo di numerosi vignaioli che hanno deciso di sperimentare (alcuni lo fanno da molti anni a questa parte) la declinazione calabra e mediterranea dei più famosi vitigni internazionali, usandoli come blend in compagnia degli autoctoni, o vinificandoli in purezza (Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah…).

Un arcobaleno di soluzioni che ha messo in mostra ingegno, coraggio, passione. Altre regioni del Paese sono un po’ più avanti sul fronte della valorizzazione delle singole aree vinicole rispetto all’apporto dato dai diversi marchi aziendali. Penso a Franciacorta, Chianti, Conegliano-Valdobbiadene… Per la Calabria un segnale molto positivo in tal senso giunge dal riconoscimento della Docg Cirò, la prima della regione, che molto probabilmente aprirà le porte a progetti di crescita sempre più ideati e portati avanti in un’ottica d’insieme.

L’assessore Gallo, che non dimentica mai di ringraziare l’azione del presidente Occhiuto, ha diversi motivi per ritenersi soddisfatto. La presenza di imprenditori molto giovani, ad esempio, fa ben sperare per il presente e il futuro. La vita dei campi non è più sinonimo di sacrifici, di sfruttamento e di sofferenza, di arretratezza nella scala sociale, ma al contrario denota l’acquisizione di competenze, la voglia di mettersi in gioco, uno spirito positivo d’impresa.

Giovani generazioni motivate e preparate possono garantire una crescita ulteriore del comparto, puntando ad esempio sull’enoturismo che proprio al Vinitaly 2025 ha inaugurato un proprio spazio autonomo. Promuovere l’enoturismo significa occuparsi non solo della propria cantina e dei propri vigneti, ma metabolizzare il concetto di attrattività dell’intero territorio che deve presentarsi gradevole, ordinato, armonioso, pulito. E al contempo devono necessariamente funzionare i servizi, a partire da quelli di base (trasporti, sanità, raccolta dei rifiuti…) per arrivare a quelli culturali (musei, aree archeologiche, ospitalità, ecc.). L’enoturista è molto sensibile in tema di ambiente, ecologia, sostenibilità, capacità di raccontare l’identità dei luoghi, gastronomia tipica. Aver successo in campo enoturistico, quindi, significa costruire modelli vincenti a 360 gradi, per cui dalla base imprenditoriale partono spinte positive anche verso le amministrazioni locali chiamate a garantire efficienza.

Quest’edizione della kermesse veronese ha visto anche la presenza di molte figure istituzionali, accolte dallo stesso assessore Gallo e da Fulvia Caligiuri che è alla guida dell’Arsac. Numerosi i dirigenti e i funzionari che hanno seguito in diretta i quattro giorni di lavori (in verità preceduti dal Vinitaly in the City), a partire da Michelangelo Bruno Bossio, responsabile della promozione di Arsac, e da Gennaro Convertini, presidente dell’Enoteca regionale. Tra le figure istituzionali presenti gli assessori regionali Rosario Varì (sviluppo economico), Giovanni Calabrese (turismo), nonché Filippo Mancuso (presidente del Consiglio regionale), ed anche parlamentari quali Domenico Furgiuele. Tanti gli operatori dell’informazione nazionale e locale. Insomma, la Calabria al Vinitaly 2025 si è presentata in forze, spalmandosi su un’area espositiva ben curata.

Un’ultima notazione spetta agli amari e ai distillati. Rispetto ai primi occorre ricordare che la Calabria vanta un primato nazionale di produzione e vendita trainato, ovviamente, dal Gruppo Caffo, giunto in Veneto con vere e proprie “chicche” quali i cocktail pronti in lattina e un aperitivo al limone. Erano tredici le aziende del settore che a Verona hanno tradotto in liquori e amari le generose erbe aromatiche e officinali di cui è ricca una Calabria culla della macchia mediterranea. Tra questi il Kaciuto del giovane Bruno Autelitano che trasmette al mondo i profumi inconfondibili del Bergamotto di Reggio Calabria ed è messaggero dell’Area Grecanica.

Durante i diversi giorni trascorsi al Vinitaly ho avuto modo di assaggiare tanti vini. Segnalo, in particolare, per la capacità di interpretare al massimo il potenziale dei vitigni autoctoni, il Donna Giovanna di Tenuta Iuzzolini (Greco bianco da vendemmia tardiva), il Donna Rosa di Fattoria San Francesco (rosato, Gaglioppo in purezza), lo spumante Centocamere della cantina Barone Macrì (Mantonico in purezza, metodo classico), l’Arcano di Senatore (uve Gaglioppo, Cirò Dop rosso classico superiore riserva), il Don Raffaele di Baroni Capoano (uve Gaglioppo, Cirò Dop rosso classico superiore riserva), il Semirius di Dell’Aera (rosato di Gaglioppo), il Palizzi di Nino Altomonte (Nerello mascalese, in prevalenza, e Nerello calabrese). Per i vitigni internazionali prodotti alle latitudini calabre, segnalo il Francesco II di Cantine Bruni (Merlot e Cabernet Sauvignon coltivati a Melissa). L’elenco delle etichette che meriterebbero adeguata menzione non si ferma certo qui, ma avremo modo di ritornarci su. La Calabria del vino e degli amari cresce!