3500 sono i lavoratori del call center Abramo Customer Care che rischiano di rimanere a casa. Un nuovo taglio dei volumi di traffico messo in atto da Tim dal 22 gennaio scorso, in particolare una drastica riduzione delle chiamate ai servizi 187 e 119, mette in crisi così la più grande azienda calabrese nel settore dei call center con sedi a Catanzaro, Crotone e Montalto Uffugo. Una nuova doccia fredda per i dipendenti dopo i pesanti tagli operati sempre da Tim nell’anno appena trascorso con la conseguente perdita di oltre mille posti di lavoro.

Le richieste dei lavoratori

«Il paradosso di questa situazione è che noi lavoriamo, abbiamo lavoro, facciamo un sacco di straordinario, ci sono un sacco di ricambi con tempi determinati, stagisti e così via. Però ad oggi noi ci ritroviamo a rischiare per l’ennesima volta il posto di lavoro» commenta Gianni Cefalì, lavoratore, Rsu Fistel Cisl per la sede di Lamezia Terme. «Chiediamo a Tim di valutare tutte le possibili azioni da mettere in campo insieme a noi e all’azienda – aggiunge Antonio Nerone, lavoratore,  Rsu Fistel Cisl per la sede di Montalto Uffugo - perché ci sono tante professionalità, c’è lavoro, c’è voglia di lavorare e vogliamo soprattutto un po’ di tranquillità visto che nel 2019 non l’abbiamo avuta e il 2020 sembra andare peggio».

Un problema sociale

Dunque un grave problema sociale, una bomba ad orologeria per le segreterie regionali della Calabria di Slc Cgil, Fistel Cisl,  e Uilcom Uil che chiedono l’intervento della politica  regionale  e nazionale con l’immediata apertura di un tavolo di crisi presso il Mise: «La situazione deve essere affrontata in maniera seria e decisa ai tavoli nazionali, deve intervenire il Ministero dello Sviluppo Economico – sostiene Francesco Canino segretario Fistel Cisl Calabria -. Spesso si parla di vertenze a livello nazionale che riguardano solo due o trecento lavoratori. Noi pensiamo che una vertenza come quella calabrese che impatta su 3500 lavoratori, ma ricordiamo che in Calabria nel settore dei customer care gravitano circa 12000 lavoratori, debba essere seguita con assoluta serietà».

L'appello al governo regionale

«Ci rivolgiamo anche alla politica calabrese che da poco si è insediata al governo della Regione – aggiunge il sindacalista - perché quando questi temi vengono affrontati a Roma c’è bisogno della presenza delle istituzioni, come è successo ad esempio per i colleghi siciliani nel caso della vertenza Almaviva, quando ai tavoli ministeriali era presente la Regione Sicilia, il comune di Palermo. Quando invece ai tavoli nazionali ci andiamo noi siamo un po’ come degli orfanelli. E’ arrivato il momento che anche la politica calabrese si mobiliti al fianco di questi lavoratori perché solo così si potrà ottenere qualcosa e rilanciare questa azienda che per tanti anni ha garantito reddito e fatto nascere tante famiglie, nella quale lavorano soprattutto tanti giovani laureati che non possono essere espulsi senza nessuna prospettiva di lavoro in una regione come la Calabria».

Contratti in scadenza

A preoccupare nell’immediato inoltre sono i tanti contratti a tempo determinato in scadenza che rischiano di non essere rinnovati. «Da subito ci sono 150 esuberi che devono essere gestiti – spiega Canino -. Nel mese di novembre avevamo siglato un accordo con l’azienda per far rientrare su Crotone 180 persone. Quelli sono i primi ad essere a rischio perché la priorità è ridare occupazione ai lavoratori a tempo indeterminato. La sede di Montalto è quella più impattata dal punto di vista degli esuberi e anche quella di  Catanzaro.

Mettere in sicurezza il settore

L’Abramo customer care voglio ricordare è stata per 25 anni il primo partner di Tim in Italia per i servizi in outsourcing. E nell’arco di soli 12 mesi sono stati ridotti i volumi e i fatturati di oltre il 70%. L’azienda non riesce più a riorganizzarsi per far fronte al problema». Per Alberto Ligato segretario Slc Cgil Calabria «Non è ammissibile che un’azienda così importante in Italia come la Tim tagli drasticamente le commesse all’Abramo senza pensare alle ricadute occupazionali che ci possono essere in una terra come la Calabria già falcidiata. Per l’ennesima volta assistiamo ad un rischio occupazionale sempre con lo stesso committente, sempre con la stessa azienda. E’ ora di mettere a gara le varie commesse e quindi di mettere in atto procedure chiare senza cercare di eludere la legge sulle clausole sociale. E’ ora di mettere in sicurezza il nostro settore».