Hanno incrociato le braccia le lavoratrici di  “Villa Serena”, casa di cura e di assistenza sanitaria per anziani sita ad Arghillà, periferia nord di Reggio Calabria. Da agosto hanno subito un cambio di contratto che non solo le vede impegnate in più turni, ma che soprattutto prevede la decurtazione fino a 300 euro dello stipendio. Un accordo siglato senza la consultazione della sigla sindacale maggioritaria, ossia il Sul, che oggi è sceso a fianco delle operatrici durante lo sciopero.

 

«Da tempo contestiamo le violazioni contrattuali e di legge in questa azienda ed abbiamo provato con pazienza infinita, ha dichiarato il segretario reggino Aldo Libri, a costruire un percorso di dialogo e di superamento delle irregolarità. Alla nostra buona volontà si è risposto con una chiusura netta e con atti provocatori ed illegittimi verso il sindacato e i dipendenti.

L’ ingiustificata interpretazione ed applicazione del contratto nazionale, scelto senza consultazione della sigla sindacale maggioritaria, ha significato la perdita stipendiale secca di oltre 200 euro per i dipendenti in servizio per turni sulle 24 ore». Il sindacato quindi, annuncia che a breve verranno istruite le vie legali affinché i dipendenti abbiano la giusta remunerazione e il giusto contratto. «Il contenzioso legale che stiamo mettendo in atto, ribadisce il sindacato- unito a quello che già c’è, diventa corposo e consistente ma non è rimasta alcuna alternativa per chi vuole difendere e tutelare i diritti individuali e collettivi. È dimostrato che a nulla sono valse le mediazioni degli organi dello Stato, come la Prefettura e l’ispettorato del lavoro, per il persistere di atteggiamenti aziendali sordi a ogni ragionamento. Le venti dipendenti chiedono quindi l’immediato ripristino del precedente contratto e la restituzione delle somme non percepite in questi mesi. Il loro è un lavoro delicato e questa  situazione non le aiuta. «Usurante. È questa la parola giusta-ci dice Mary Zema, portavoce delle lavoratrici, per indicare la nostra attività. Noi prestiamo assistenza sanitaria e se siamo stressate, per via di questa brutta situazione, ci ammaleremo. Chiediamo quindi, ha concluso, che l’azienda riveda tutto e ci permetta di rientrare in servizio con il precedente accordo contrattuale».