VIDEO | La disperazione degli imprenditori che si preparano alla riapertura nella provincia più povera d'Italia dopo due mesi di lockdown. «Questa è un'eutanasia»
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«Questa è un'eutanasia, ci stanno facendo morire. La situazione è tragica» .
Una situazione tragica ovunque, in Italia e nel mondo. Immaginate quanto tragica sia nella provincia più povera della regione, economicamente più depressa d’Europa. Siamo nel centro di Vibo Valentia dove negli anni, ben prima che scoppiasse la pandemia da coronavirus, l’80% degli esercizi commerciali aveva abbassato le serrande o dichiarato il default.
Chi ha provato a resistere – ristorazione,abbigliamento, servizi – dal lockdown in avanti s’è ritrovato davanti ad un baratro. «Abbiamo chiuso da circa due mesi, ma già dal 21 febbraio, da quando per intenderci è scoppiato il caso Codogno, nelle nostre attività non entrava più nessuno».
Roberto Cagigi e Giovanna Giacco, guidano due dei locali più noti del centro di Vibo Valentia, dovranno attendere almeno un altro mese per riaprire. E quando ciò avverrà, ne sono consapevoli, la strada sarà in salita. «Nella mia osteria – spiega Roberto - ho quarantacinque posti a sedere, con il distanziamento dei tavoli, arriverò al massimo a quattordici coperti».
L'appello dei commercianti
Dalla ristorazione all'abbigliamento, il passo è breve. Anna Raffaele è la giovanissima titolare di una boutique, tra tre settimane al massimo potrebbe ripartire e tutto è stato già predisposto per salvaguardare la salute di clienti e personale.
«All’ingresso del negozio abbiamo predisposto il disinfettante e ogni qualvolta una cliente indosserà un capo, provvederemo a sanificarlo per le clienti successive».
Chi invece ha già rialzato la serranda è Enza Staropoli, che ha un negozio di abbigliamento per bambini: «I primi giorni di apertura abbiamo avuto un buon riscontro, pian piano le vendite sono rallentate».
Enza vende anche abiti da cerimonia: matrimoni, cresime, battesimi tutti bloccati. Chi aveva acquistato prima dell'emergenza ha chiesto un cambio. Servono, a queste attività commerciali aiuti concreti non vacue promesse. Quelle alle quali, in breve, hanno assistito finora.
«Non abbiamo ricevuto alcun tipo di sostegno. Nessun contributo dal Governo. A molti di noi non sono neppure arrivate le seicento euro…» - raccontano i commercianti. «Nessuno di noi ha percepito un centesimo né dallo Stato né dalla Regione, anzi il Comune di Vibo per tutta risposta, ha inviato le tasse come spazzatura e acqua… Nulla è stato sospeso. Non siamo più in grado di sopportare i costi fissi».
Hanno voglia comunque di rimboccarsi le maniche e sostenere la sfida, ma senza aiuti, senza ascolto, e con spese vecchie e nuove da affrontare,in molti sono scoraggiati.
La paura del Covid
«Tutti abbiamo paura del coronavirus – dice Giovanna - io sono in dolce attesa, ho una paura in più. Ma d’altra parte, cosa dobbiamo fare? O lo Stato ci aiuta o chiudiamo».
Insomma, se il presente fa paura, il futuro non scherza. E va affrontato. Ma la politica, lo Stato, gli enti locali, dovranno fare la loro parte. «Abbiamo bisogno di liquidità immediata e automatica, non legata alla burocrazia e ai tempi bancari, altrimenti – avverte Michele Catania, presidente provinciale Cnl Ascom - rischiamo di consegnare il territorio di Vibo Valentia alla criminalità organizzata» .