Nella Calabria dalle mille emergenze e dai record negativi, il vero motore sociale continua ad essere il lavoro. Smuove folle trascinandole nelle piazze, scoraggia, abbatte, pone mille interrogativi. Eppure è la stella polare, terra promessa in una regione distesa in un limbo scavato a cavallo tra un irrimediabile emorragia di cervelli e la precarizzazione dell'esistenza.

 

L'inverno caldo dei lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità rappresenta il termometro empirico di una economia che, a dieci anni di distanza dallo scoppio della recessione, non è ancora riuscita a recuperare terreno e attestarsi ai livelli precrisi. Non da ultimo lo ha sancito Bankitalia che nel report semestrale ha confermato il calo di ben quattro punti percentuali di assunzioni a tempo indeterminato, passati dal 28% al 24% nei primi sei mesi del 2018. Insomma, il lavoro non c'è e quello che c'è è precario. Lo sanno bene i cosiddetti tirocinanti della giustizia per mesi rimasti per mesi in bilico in un limbo di incertezza a seguito dei ritardi accumulati dal ministero nella sottoscrizione della convenzione che avrebbe consentito ai circa mille precari di riprendere servizio negli uffici giudiziari calabresi.

 

Luana Costa