Luci accese e negozi chiusi. È questa la simbolica protesta messa in atto da un gruppi di commercianti lametini contro le serrate imposte dal governo in zona rossa ma, soprattutto, per sottolineare che “esistiamo, che ci siamo anche noi considerati attività non essenziali. Non esistono attività non essenziali”.

Parrucchieri, barbieri, commercianti del ramo dell’abbigliamento, gioiellerie, ma anche baristi non ci stanno più a soggiacere alle decisioni del governo. «Tante, troppe promesse non mantenute, la fiducia è ormai calata». C’è chi non sa più come gestire il proprio personale, chi continua ad anticipare la cassa integrazione pur avendo incassi pari a zero, chi si vede costretto a licenziare i lavoratori di una vita per una questione di “sopravvivenza”.

Affitti dei locali, tributi, tasse di ogni genere continuano ad arrivare, mentre loro sono ostaggi di una normativa che gli impedisce di potere lavorare. «Chiediamo solo di potere lavorare, con le giuste norme di sicurezza e igiene, ma lavorare. Non ci interessa l’assistenzialismo», spiegano ancora.

E di fatto la scelta delle attività “non essenziali” e che, quindi, non possono aprire al pubblico per incidere sulla circolazione di persone è talvolta bislacca. Come nel caso delle gioiellerie che non sono mai state luogo di assembramento o i parrucchieri spostati come pedine in un altalenante apri e chiudi. Anche i baristi non ce la fanno più, cambia la zona cambiano le regole: «Non riusciamo a programmare nulla, dalla spesa da fare ai lavoratori dei quali avremo bisogno», spiega un imprenditore del ramo.

Dal governo i commercianti lamentano un’attenzione scarsa, scarsissima e ancora di più dalla Regione. Nel frattempo negli ultimi mesi le attività che hanno calato la saracinesca definitivamente a Lamezia sono tantissime e aumentano progressivamente. Chi non guadagna non può spendere, neanche in quelle definite attività essenziali. È un cane che si morde la coda, un’emorragia economica che a breve potrebbe esplodere senza possibilità di soluzioni tampone, perché potrebbe essere troppo tardi.

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