Nella missiva del magistrato Clausi in servizio al Tribunale di Catanzaro, una descrizione cruda sullo sfruttamento in ambito lavorativo, anche quando si tratta del settore pubblico
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Una riflessione sul lavoro, sulla precarietà, sullo sfruttamento. La lettera, scritta da M.Clausi, giudice onorario del Tribunale di Catanzaro, riflette la situazione di diversi lavoratori. Ecco il contenuto.
«Il lavoro alienato estrania all'uomo il suo proprio corpo, come il suo spirituale essere, la sua umana essenza (Marx). Ogni giorno mi chiedo che cosa sarà di me domani, che cosa farò domani, che cosa mi riserverà il domani. Il mio domani è un pensiero angosciante, il mio domani è una sofferenza dell'anima, dello spirito perché il mio futuro è stato espropriato da chi sfrutta il mio lavoro. Il mio lavoro, che amo e che svolgo con passione, è anche fonte di frustrazioni, di preoccupazioni, di sofferenza, di umiliazioni.
Sono una lavoratrice senza diritti; una lavoratrice a cui non sono pagati i contributi; una lavoratrice che non ha diritto a indennità in caso di malattia; una lavoratrice senza stipendio; una lavoratrice in nero che, però, si vede detratta l'iperf dalla misera somma che le viene pagata; una lavoratrice a tempo determinato e in quanto tale tormentata quotidianamente dal dubbio se continuare a svolgere un lavoro che non offrirà prospettive per il domani oppure se cercare un'altra occupazione impossibile da trovare in un mondo lavorativo spietato con chi non è più giovane.
Il lavoratore sfruttato è soprattutto un uomo discriminato, un uomo considerato fallito, un uomo a cui è strappata la dignità di essere umano. Il lavoratore sfruttato è un lavoratore depotenziato, che non ha la forza contrattuale necessaria per farsi riconoscere i fondamentali diritti. Lo sfruttamento del lavoro non è solo una grave condizione economica, lo sfruttamento del lavoro è una condizione esistenziale che logora lo spirito del lavoratore. Il lavoratore sfruttato è un essere umano a cui sono derubati i sogni, le speranze, la fiducia in sé stesso e negli altri, l'amore per la vita…
Non sono una immigrata che lavora nei campi; non sono una operaia sfruttata da uno spietato caporale inserito in una organizzazione criminale; non sono una operaia ridotta in schiavitù da un padrone privato; sono un giudice onorario e lavoro al servizio dello Stato. Il mio “caporale”, il mio sfruttatore è lo Stato! Chi è il giudice onorario? Questa figura spesso sconosciuta ai non addetti a lavori. Il giudice onorario decide della innocenza e della colpevolezza delle persone; il giudice onorario decide della libertà delle persone; il giudice onorario è chiamato a decidere della fondatezza di accuse che spesso riguardano reati anche molto gravi.
Il giudice onorario fa esattamente ciò che fa il giudice c.d. professionale, ma, a differenza di quest’ultimo, è un lavoratore sfruttato e umiliato; è un essere umano senza diritti e senza futuro. Nel corso degli anni è stato affermato che non è possibile cambiare la condizione del giudice onorario perché la legge non lo consente, perché la sua figura è incastrata dentro uno schema normativo che non può essere cambiato.
Ma se la legge è fonte di ingiustizia e sofferenza, non è la legge che deve essere cambiata o è l’uomo che si deve adeguare alla legge?
L’uomo non esiste per la legge, ma la legge esiste per l’uomo (Marx»).