Gli operatori si lamentano per le rimanenze: «La merce resta sui banchi e i prezzi si abbassano ulteriormente». E la grande distribuzione vende anche in Calabria prodotti che arrivano da altre regioni
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«Il mercato delle verdure è a terra. I prezzi si aggirano attorno a 20, 30 centesimi al chilo di qualsiasi prodotto calabrese perché non si vendono. Più non si vendono, più si abbassa il prezzo». È venerdì mattina e al mercato agroalimentare di Catanzaro è calma piatta. Gli operatori commerciali si aggirano mesti tra i banchi e a parlarci confermano la gravità della situazione.
Qui dove avviene l'incrocio tra domanda e offerta non si parla più la stessa lingua, in termini di prezzi. A spiegarlo sono gli stessi commercianti: «La situazione è critica. C'è poca vendita anche se la merce c'è ed è di qualità. Non riusciamo a fare fronte alla richiesta dei produttori e alla richiesta dei consumatori» spiega Roberta Mercurio. «I prezzi sono bassi» aggiunge. «Ad esempio, la produzione delle fragole ha un prezzo davvero elevato ma oggi abbiamo rimanenze. Ed è un prodotto che oggi c'è e domani si butta. Lo vendiamo a 10 euro alla cassa ma non è un prezzo effettivo».
«Dal campo ecco dove arriva il mio prodotto e viene svenduto» commenta Antonio Cosentino, agricoltore di Botricello. «Anche qui abbiamo difficoltà - i finocchi come tutte le altre verdure - a venderle e il prezzo si abbassa. Ci siamo fermati anche nella raccolta perché c'è rimanenza».
«Noi, ad esempio, ci approvvigioniamo a Vittoria in Sicilia per gli ortaggi che costano molto di più rispetto ai prodotti esteri perché qui in Italia per produrre una zucchina o un peperone alcuni pesticidi non possono essere adoperati. Sicuramente oggi il consumatore guarda il prezzo, si vende solo la prima settimana del mese» specifica Palmino Rotundo, presidente dell'associazione dei grossisti e di Fedagro.
A questo si aggiunge il problema della distribuzione dei prodotti. «Le catene dei supermercati presenti in Calabria si riforniscono tutti direttamente dalle piattaforma di provenienza. La Coop dall'Emilia Romagna, la Conad dalla Puglia, l'Eurospin dalla Sicilia, quindi la Calabria non beneficia di questi consumi perché chi poi compra al supermercato non consuma prodotti calabresi».
«Ovviamente non possiamo obbligare nessuno ma almeno il 50, 60% del prodotto che loro vendono dovrebbero acquistarlo nel mercato locale» conclude Roberta Mercurio. «Che senso ha portare i mandarini dalla Puglia? Così moriamo tutti, gli agricoltori e noi, rimangono in vita solo i supermercati e la gente andrà comprare solo prodotti importati».