Novecento mucche da latte che, come sempre, vanno munte 2 volte al giorno e 100 pastori che da tutta la Calabria continuano a conferire la stessa quantità, anche se la vendita del prodotto finito è calata del 50%. Soffre anche la Fattoria della Piana, una delle eccellenze calabresi dell’agricoltura multifunzionale, che non chiude – perché inserita nella filiera del cibo, che il governo considera essenziale nell’emergenza – ma certamente fa i conti con i bilanci in rosso.

 

«In entrata abbiamo sempre gli stessi numeri – spiega Carmelo Basile – perché gli animali non si fermano e non si fermano neanche i produttori della nostra rete che conferiscono il latte, solo che con la ristorazione ferma e il commercio a singhiozzo abbiamo difficoltà a smaltire il prodotto. Per ora utilizziamo il latte soprattutto per fare formaggi stagionali, ma lo stoccaggio non può essere eterne». Il momento è nero e, anche se si lavora all’aria aperta, sono rigide le regole del distanziamento sociale.

 

«Viene in azienda – prosegue Basile – il 60% dei nostri lavoratori, ma l’assillo principale che abbiamo è che essendo al centro di una rete di produttori non possiamo fermarci noi per non far fermare gli altri». Abolita la ristorazione in azienda, funziona invece la centrale a biomasse, fiore all’occhiello di questa cooperativa a cavallo tra le province di Reggio e Vibo.

 

Nei giorni della pandemia, è un nato un vitellino a cui hanno dato il nome “speranza”, scelta che vuole essere un augurio a venirne fuori.  «Il governo – conclude Basile – se vuole sa come garantire che gli aiuti arrivino ad aziende che erano sane e floride prima della crisi, basta confrontare i fatturati. Noi sappiamo che non tutte le nostre perdite potremo ripianarle, ma basterebbe che lo Stato ci aiutasse tagliando la burocrazia e i tempi lunghi per ottenere gli aiuti che a questo punto diventano questione di vita o di morte».