C'è una Calabria del mondo agroalimentare, inteso in tutte le sue possibili articolazioni, che ha metabolizzato appieno l'idea di valorizzare il più possibile le materie prime locali. Non si ritenga scontata questa acquisizione di consapevolezza, anche perché solo in rari casi la stessa si è trasformata in sistemi regionali consolidati, capaci di generare fatturati importanti e lavoro. Troppo spesso si annunciano percorsi possibili di filiera che poi rimangono a livello di semplice idea, per quanto nobile, però non trasformata in progetto solido e duraturo.

Dalla XXII Rassegna del dolce artigianale, tenuta a Reggio Calabria, è partito un bel segnale d'incoraggiamento per la costruzione di una proposta originale sul panettone farcito con gelato e con l'utilizzo di ingredienti del territorio calabrese. La manifestazione è stata ideata e organizzata da Confartigianato e dall'Apar (Associazione Pasticcieri Artigiani di Reggio Calabria), in collaborazione con altre organizzazioni quali Apga (Associazione Pasticcieri Gelatieri Artigiani) e Conpait.

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Il concorso per il miglior panettone, al quale hanno preso parte circa quindici valenti maestri pasticcieri della regione, ha messo in luce forti capacità d'innovazione, nonché la volontà di guardare con attenzione a vari prodotti tipici da interfacciare con un dolce che è di tradizione milanese: si pensi alla liquirizia, alle scorze e ai succhi di agrumi quali le clementine, al passito Greco di Bianco, e finanche alla piccante nduja. La qualificata giuria, della quale ho avuto l'onore di far parte e che era composta anche da pasticcieri di fama, ha degustato panettoni “calabresizzati”, tra veri e propri tentativi sperimentali o d'avanguardia, e ricette ormai più consolidate.

La strada è tracciata, ora bisogna impegnarsi molto e con continuità, a partire ad esempio dalla potenziale utilizzazione di uva passa da vitigni autoctoni, o da mandorle, noci e nocciole interamente Made in Calabria. Tutti i pasticcieri in gara hanno dimostrato la ferma volontà di lavorare sodo per approdare a dolci (non solo il panettone) interamente, o quasi, frutto di filiera corta calabrese. Una discussione interessante si è aperta anche sulla possibile destagionalizzazione del panettone, ovviamente legato alle prevalenti atmosfere natalizie. Proprio l'impiego del gelato nella farcitura, o di tanti profumi di Calabria, può contribuire a trasformare il lombardo “panetùn” in una specialità adatta a tutte le stagioni, estate compresa. Del resto la succulenta brioche con il gelato è ormai un riferimento assoluto della migliore dolciaria calabrese.

La filosofia della filiera corta non è una moda, non è un orpello retorico, non è una delle possibili declinazioni di un atteggiamento sovranista, ma può e deve essere un valido modello di economia locale o regionale da costruire e rafforzare in ogni comparto dell'agroalimentare: dai salumi ai dolci, dall'olio d'oliva al vino, dalle carni ai formaggi, dalla frutta alle spremute. La Calabria, regione antichissima, può spendere nel mondo la propria identità culturale unica e distintiva, figlia di millenni di storia umana, dagli antichi Enotri (II millennio a. C.) al giorno d'oggi, passando per la Magna Grecia, l'Età Romana, i Bruzi, i Longobardi, i Bizantini, i Normanni, gli Svevi, gli Angioini, gli Aragonesi e gli Spagnoli, i Francesi... Stratificazioni che si misurano in decine di secoli che hanno disegnato una civiltà assolutamente originale, peraltro culla della Dieta Mediterranea.

Nell'ormai lontano 2007, intuendo con un certo anticipo quanto si sta verificando da qualche anno a questa parte, coniai e lanciai mediaticamente il motto “Consuma e spendi calabrese”, costruendoci consistenti campagne di comunicazione integrata che trovarono anche l'interesse convinto del futuro editore di LaC, Domenico Maduli. Il “brand” si è evoluto nel tempo, ma i princìpi ispiratori sono rimasti identici, anche se integrati alla luce sia del devastante fenomeno della globalizzazione sia di sempre nuovi studi e ricerche. Corsi e ricorsi storici di vichiana memoria!